Un nuovo film documentario narra la storia, più incredibile della finzione, di come un post satirico sui social media sia degenerato in un titolo di cronaca nazionale, un evento monitorato dal governo e un fiasco logistico nel deserto del Nevada. Il film è presentato come l’episodio finale di Trainwreck, una serie antologica di Netflix in otto parti che esamina eventi della vita reale, da festival falliti a crolli aziendali, che sono sfociati nel caos pubblico. Il documentario in due parti, intitolato Trainwreck: Assalto all’Area 51, decostruisce il fenomeno di internet del 2019 che ha visto milioni di persone promettere di fare irruzione in una base militare statunitense altamente classificata. Posizionando questa storia come finale, la serie inquadra l’evento dell’Area 51 come il caso di studio per eccellenza di un disastro tipico del XXI secolo, alimentato dalla cultura digitale e dalla sua collisione con la realtà tangibile. La narrazione esplora come uno scherzo pubblicato online abbia costretto una risposta da parte dell’Aeronautica Militare statunitense e dell’FBI, creando un momento in cui i confini tra ironia e minaccia reale sono diventati pericolosamente labili.
L’anatomia di un fenomeno virale
La narrazione del documentario inizia tracciando l’evento fino alla sua origine precisa, identificando il creatore e gli ingredienti culturali specifici che hanno alimentato la sua diffusione senza precedenti. Il film si concentra su Matty Roberts, che nel giugno 2019 era uno studente universitario di 20 anni che lavorava in un chiosco di sigarette elettroniche all’interno del centro commerciale Valley Plaza a Bakersfield, in California. Il 27 giugno 2019, Roberts creò un evento pubblico su Facebook con il titolo impassibile: “Assalto all’Area 51, non possono fermarci tutti”. Il documentario stabilisce che le sue intenzioni erano puramente comiche; considerava il post uno “shitpost”, una forma di contenuto ironico e di bassa qualità pensato per l’umorismo. Il film nota che l’idea nacque da una domanda satirica che Roberts pose online su cosa sarebbe successo se ogni “sciocco su internet” si fosse radunato alla base e se i militari avrebbero “sparato a tutti”. In seguito descrisse il concetto come un'”idea esilarante”.
Il film non presenta questo come un atto casuale di umorismo su internet. Al contrario, decostruisce attentamente l’ecosistema culturale che ha reso lo scherzo così potente. La narrazione individua l’ispirazione di Roberts in un artefatto culturale specifico: un episodio del podcast The Joe Rogan Experience del 20 giugno 2019, che vedeva la partecipazione del teorico della cospirazione dell’Area 51 Bob Lazar e del regista Jeremy Corbell. Questa connessione illustra come le piattaforme mediatiche mainstream possano amplificare le sottoculture di nicchia, fornendo un terreno fertile per la radicazione delle idee. Il documentario spiega inoltre che la struttura dello scherzo era basata su meme di internet preesistenti e partecipativi. Il piano, come delineato sulla pagina dell’evento, suggeriva che i partecipanti corressero “alla Naruto” — uno stile di corsa distintivo con le braccia all’indietro tratto da un popolare anime giapponese — basandosi sulla teoria satirica che potessero muoversi “più veloci dei loro proiettili” per “vedere gli alieni”. Dettagliando questi elementi specifici, il film sostiene che l’evento non fu un caso fortuito, ma un risultato prevedibile, sebbene estremo, di una particolare convergenza di sottoculture online, tradizioni cospirazioniste e umorismo basato sui meme che stavano guadagnando visibilità mainstream.

Dal meme a una questione di sicurezza nazionale
Il documentario si sposta poi sul punto di svolta critico in cui lo scherzo online ha superato la barriera digitale ed è diventato una seria preoccupazione per le autorità federali. Questa sezione della narrazione racconta la perdita di controllo, sia per Roberts, che ha visto la sua creazione satirica prendere vita propria, sia per le agenzie governative incaricate di valutare la potenziale minaccia. Il film traccia la crescita esplosiva dell’evento, con il numero di persone che si sono segnate come “parteciperò” o “interessato” sulla pagina Facebook che è cresciuto da migliaia a oltre 3,5 milioni in totale.
Questa escalation virale ha innescato una risposta formale da parte del governo degli Stati Uniti. Il documentario presenta le reazioni ufficiali, che erano in netto contrasto con il tono ironico della comunità online. L’Aeronautica Militare statunitense ha emesso avvertimenti pubblici, dichiarando che l’Area 51 era un poligono di addestramento attivo e che qualsiasi tentativo di violare la struttura sarebbe stato affrontato con la forza appropriata. Dietro le quinte, la situazione è stata trattata con maggiore serietà. L’FBI ha iniziato a monitorare l’attività online e la Federal Aviation Administration ha preso la decisione di limitare lo spazio aereo sopra l’area nei giorni circostanti l’evento pianificato.
Per fornire una prospettiva concreta dal lato ufficiale della crisi, il film presenta interviste a figure chiave che erano responsabili della gestione della situazione. Tra questi ci sono il colonnello Cavan Craddock, che all’epoca era il comandante del 99th Air Base Wing a supporto del Nevada Test and Training Range, e Chris Tomaino, allora capitano del Southern Nevada Counter Terrorism Center. La loro testimonianza rivela un mondo di valutazione letterale della minaccia che si scontra con una cultura di internet che faticavano a comprendere. Il documentario evidenzia il loro sconcerto professionale, in particolare quando i funzionari locali della contea di Lincoln hanno concesso il permesso per lo svolgimento di un festival associato all’evento. Tomaino si riferisce a questi funzionari come “sempliciotti del posto”, e Craddock nota che i funzionari della contea erano abituati a gestire reati rurali minori come “il furto di una mucca”, non la sfida logistica e di sicurezza di un potenziale raduno di massa alimentato da un meme globale. Questa giustapposizione narrativa tra il mondo online, che opera su strati di ironia, e l’apparato di sicurezza nazionale, che deve prendere ogni minaccia alla lettera, crea la tensione centrale del film.
Un cast di personaggi nel deserto
Per raccontare questa storia poliedrica, Trainwreck: Assalto all’Area 51 va oltre la cronologia degli eventi per concentrarsi sull’elemento umano, costruendo la sua narrazione attorno a un cast eterogeneo di personaggi le cui vite si sono incrociate nel deserto del Nevada. Il documentario presenta una serie di avvincenti storie di interesse umano, trasformando l’astratto fenomeno di internet in una serie di drammi personali.
Al centro c’è l’arco narrativo di Matty Roberts, ritratto come un moderno apprendista stregone. Inizia come un burlone che ha scatenato una forza che non poteva controllare e si evolve in un organizzatore profondamente preoccupato, oppresso dalle potenziali conseguenze reali del suo scherzo. Il film evidenzia la sua crescente ansia e la profonda mancanza di risorse, notando che mentre l’evento diventava una notizia globale, aveva meno di 1.000 dollari sul suo conto in banca. Il suo percorso culmina nella paura di creare inavvertitamente un “FyreFest 2.0”, un riferimento al famigerato e disastroso festival musicale del 2017, anch’esso iniziato con un immenso clamore online.
Un’altra figura centrale è Connie West, la proprietaria del Little A’Le’Inn, l’unico esercizio commerciale nella minuscola e remota città di Rachel, in Nevada, l’insediamento più vicino all’Area 51. La sua storia è quella di una piccola imprenditrice che inizialmente ha visto un’opportunità ma è stata rapidamente sopraffatta dall’incubo logistico di ospitare un festival improvvisato in una città praticamente priva di infrastrutture. La narrazione è ulteriormente popolata da una “vasta schiera” di partecipanti che rappresentano la manifestazione fisica della cultura di internet. Questi includono cacciatori di UFO, YouTuber e creatori di meme con nickname online come Reckless Ben, Rackaracka e Unicole Unicron, tutti scesi nel deserto per una varietà di ragioni, dalla fede genuina al desiderio di contenuti e comunità. Infine, il film presenta figure locali come il commissario della contea di Lincoln, Varlin Higbee, che viene mostrato con un cappello da cowboy, un gilet e baffi a ferro di cavallo che il documentario inquadra come un modo per sottolineare il divario culturale.
Alienstock: L’anatomia di un fiasco
Una parte significativa del documentario è dedicata alla storia del festival Alienstock, che funge da microcosmo dell’intero fenomeno dell’Assalto all’Area 51 e del “trainwreck” tangibile del titolo del film. La narrazione descrive il piano ambizioso di organizzare un festival di musica e arti di quattro giorni a Rachel in concomitanza con la data del presunto assalto. Questa sottotrama diventa la metafora centrale del tema principale del progetto: il fallimento caotico e spesso disastroso nel tradurre l’entusiasmo digitale in un evento funzionale nel mondo reale.
Il documentario narra la difficile alleanza tra Matty Roberts e Connie West, che si è rapidamente trasformata in una faida pubblica sull’organizzazione, le finanze e la sicurezza del festival. Questo conflitto rappresenta lo scontro fondamentale tra il mondo leggero e senza attriti delle promesse online e la realtà pesante e piena di attriti dei permessi, della sicurezza, dei servizi igienici e della logistica. Il film evidenzia le sbalorditive impossibilità logistiche del piano: organizzare un grande evento in una remota città deserta con un solo ristorante, dieci camere di motel e il distributore di benzina più vicino a 72 chilometri di distanza.
La narrazione segue la decisione finale di Roberts di dissociarsi pubblicamente da Alienstock, citando una “mancanza di infrastrutture, cattiva pianificazione, gestione del rischio e palese disprezzo per la sicurezza” dei partecipanti. Lui e i suoi partner si sono poi allineati con un evento concorrente e sponsorizzato ufficialmente, la Bud Light Area 51 Celebration, nel centro di Las Vegas. In risposta, West, sentendosi sabotata, ha giurato pubblicamente di andare avanti da sola, fornendo ai media le prove dei depositi per i servizi di sicurezza e medici e sostenendo di aver già venduto 2.400 piazzole per il campeggio. Questo conflitto fornisce al documentario la sua prova più diretta di come un’idea concepita come uno scherzo online abbia creato rischi finanziari reali, responsabilità legali e acrimonia interpersonale.
Il culmine e le conseguenze
Il culmine del film ritrae la realtà dell'”assalto” del 20 settembre 2019, che si è rivelato un netto e ironico contrasto con i milioni di persone che avevano interagito con l’evento online. Il documentario mostra che nel giorno designato, solo circa 150 persone si sono effettivamente radunate ai cancelli dell’Area 51, e non è stato fatto alcun tentativo organizzato di entrare nel sito. L’invasione minacciosa che aveva scatenato una risposta di sicurezza nazionale si è trasformata in qualcosa di completamente diverso: un piccolo raduno celebrativo con un’atmosfera da festival, dove i partecipanti in costume si mescolavano e documentavano un momento culturale condiviso. Il fine settimana si è concluso con solo una manciata di arresti per reati minori, tra cui atti osceni in luogo pubblico, un incidente legato all’alcol e violazione di proprietà privata.
Mentre l’evento fisico è stato un anticlimax, l’atto finale del documentario si concentra sulle conseguenze molto reali e sostanziali della minaccia digitale. Il film quantifica le ricadute finanziarie, rivelando che i preparativi e la risposta di sicurezza sono costati alla contea di Lincoln 250.000 dollari e all’esercito statunitense una stima di 11 milioni di dollari. In un momento di profonda ironia, il film nota che Matty Roberts, il creatore del fenomeno multimilionario, ha guadagnato personalmente solo 1.700 dollari dalla vendita di magliette. La narrazione segue anche le conseguenze legali, che si sono protratte ben oltre la partenza della folla, culminando in una causa in cui a Connie West sono stati riconosciuti oltre 3,4 milioni di dollari di risarcimento per danni che includevano diffamazione e interferenza intenzionale nei rapporti contrattuali. Il film nota la posizione di sfida dei partner di Roberts, che hanno indicato che West non avrebbe mai incassato i soldi. La conclusione del documentario è che il vero “trainwreck” non è stato il fallimento dell’assalto, ma il successo del meme nel generare un’interruzione massiccia, costosa e legalmente complessa basata interamente su una finzione collettiva. La simulazione dell’evento si è dimostrata avere conseguenze reali più potenti dell’evento stesso.
Documentare l’era digitale
Trainwreck: Assalto all’Area 51 è diretto da Jack Macinnes e prodotto dalle società RAW e BBH, con Alex Marengo come produttore esecutivo e Ben Rumney come produttore della serie. Il film mescola umorismo e tensione, utilizzando filmati d’archivio, clip di video virali, interviste surreali e riprese delle folle radunate nel deserto per creare quella che presenta come la “storia definitiva di internet”. Funziona come una cronaca definitiva di un momento in cui il confine tra fantasia digitale e realtà fisica è converso, con risultati significativi e costosi, nel mezzo del deserto del Nevada.
Trainwreck: Assalto all’Area 51 debutta oggi, 29 luglio 2025, in esclusiva su Netflix.