Sarah Silverman, rinomata comica da tempo apprezzata per i suoi commenti sociali audaci e spesso provocatori, presenta il suo ultimo speciale di stand-up, “Sarah Silverman: Postmortem”. Si tratta del suo secondo speciale originale per il colosso dello streaming, dopo l’acclamato dalla critica “A Speck of Dust” del 2017. “Postmortem”, tuttavia, si addentra in un territorio profondamente personale: il tema centrale e ineludibile è il personale percorso comico della Silverman attraverso un’immensa tragedia personale, la recente perdita di entrambi i genitori. Suo padre, Donald, e la sua matrigna, Janice, sono scomparsi a soli nove giorni di distanza l’uno dall’altra nel maggio 2023.
L’immediatezza di questo lutto, affrontato in modo così pubblico e comico in un lasso di tempo relativamente breve — lo speciale è stato girato durante il suo tour del 2024 — carica il progetto di un rischio palpabile e di un potenziale di grande intensità.
“Postmortem”: Trovare l’umorismo nell’impensabile
Lo speciale si propone di trovare l’umorismo nel processo universale, ma squisitamente personale, del lutto, esplorandone l’assurdità, insieme a quella della morte e alla strana faccenda del dire addio. Gli spettatori possono aspettarsi che la Silverman affronti momenti specifici, spesso imbarazzanti, con il suo “ingegno caratteristico e la sua impavida onestà”. Tra gli aneddoti anticipati, l’esperienza surreale di orientarsi tra le proposte delle pompe funebri, dove, a quanto si dice, si è imbattuta nell'”offerta della sua vita”, il custodire gelosamente le ultime parole di sua madre, le peculiarità delle maratone di serie TV sul letto di morte e persino un peto inopportuno.
Il motto ufficiale, “Il lutto non è mai stato così divertente”, sottolinea con audacia il tono “cupamente esilarante” dello speciale, promettendo un’ora che cerca di trasformare la perdita in risata senza sacrificare la profondità emotiva. Il materiale è costantemente descritto come “profondamente personale”, “crudo” e “vulnerabile”, invitando il pubblico a scoprire un capitolo significativo e formativo della vita della Silverman. Una fonte osserva: “Da quel lutto nasce ‘Postmortem’, un’esplorazione cruda, divertente e profondamente umana dell’amore, della morte e del ricordo”.
La lente comica della Silverman si concentra spesso sulle minuzie pratiche, imbarazzanti e talvolta bizzarre che accompagnano la perdita — come la pianificazione del funerale o le funzioni corporee inaspettate — piuttosto che su grandi meditazioni filosofiche sulla mortalità. Questo approccio ancora l’esperienza universale del lutto a dettagli riconoscibili e spesso scomodi. È da questi incontri quotidiani con gli ingranaggi della morte che probabilmente scaturisce gran parte dell’umorismo “cupamente esilarante”, rendendo il profondo tema più accessibile mettendone in luce le assurdità intrinseche, sovente non riconosciute. Inoltre, scherzando sulla scoperta di un'”offerta” per i preparativi funebri o attraverso altre osservazioni irriverenti, la Silverman sfida la riverenza tradizionalmente tetra che circonda i rituali della morte. Non si tratta semplicemente di trovare umorismo nel lutto, quanto piuttosto di usare l’umorismo per scardinare i rituali e le aspettative sociali che spesso lo accompagnano, offrendo così una riflessione sulla nostra collettiva difficoltà con la morte e fornendo una valvola di sfogo per pensieri anticonformisti.

L’evoluzione della Silverman
Sarah Silverman si è ritagliata una nicchia nel mondo della comicità con uno stile caratterizzato da battute spinte, umorismo nero, satira politica e una disponibilità ad affrontare direttamente i tabù sociali. Spesso assumeva la maschera di una “donna bianca egocentrica, sprovveduta o persino crudele” per fare satira su temi come il razzismo e il sessismo. La sua famigerata battuta, “Sono stata violentata da un medico, il che è così agrodolce per una ragazza ebrea”, è un esempio della sua abilità tagliente, concisa e di forte impatto nel costruire le battute.
Tuttavia, un cambiamento percettibile verso un materiale dal tono più colloquiale, consapevole e autentico è evidente sin dal suo speciale HBO del 2013, “We Are Miracles” (titolo originale), e si è fatto particolarmente marcato nel suo speciale Netflix del 2017, “A Speck of Dust” (titolo originale). In “A Speck of Dust”, i critici notarono una “atmosfera più colloquiale”, un aumento del commento autoreferenziale e la sensazione che la Silverman fosse “semplicemente sé stessa” sul palco.
“Postmortem” si presenta come un punto significativo, se non il culmine, di questa evoluzione. Qui, la sfera personale non è semplicemente un tema, ma il nucleo stesso e la forza motrice della sua comicità.
La creazione di “Postmortem”: Dietro le quinte
Il profondo legame personale di Sarah Silverman con “Postmortem” è sottolineato dal suo profondo coinvolgimento nella sua realizzazione. Non è solo la protagonista, ma anche la regista e produttrice esecutiva, affiancata dai suoi collaboratori di lunga data Amy Zvi e John Skidmore con la loro casa di produzione Best Kept Secret Productions. Tale livello di controllo assicura che lo speciale rimanga una rappresentazione fedele della sua visione.
Lo speciale è stato girato nello storico Beacon Theatre di New York, un luogo la cui atmosfera intima ma grandiosa ben riflette il delicato equilibrio dello speciale tra riflessione personale e performance pubblica. La genesi del materiale è cruda e immediata quanto il lutto che esplora. La Silverman ha dichiarato apertamente che parte del contenuto è stato “rubato dal mio elogio funebre per mio padre”. Durante gli ultimi giorni dei suoi genitori, ha vissuto nel loro appartamento prendendosi cura di loro, un’esperienza che le ha offerto “un posto in prima fila per osservare i momenti strani, quotidiani e persino divertenti che circondano la morte”. Questa rapida trasformazione del lutto crudo in materiale comico strutturato suggerisce un bisogno urgente di articolare e inquadrare queste esperienze, tipico del modo in cui molti artisti elaborano traumi o eventi significativi della vita. Lo speciale, quindi, diventa più di un semplice intrattenimento: è un atto pubblico di personale ricerca di significato.
La sua decisione di dirigere personalmente uno speciale così intimo è significativa. Garantisce che la sua visione unica e la sua delicata intenzione emotiva siano preservate, libere da interpretazioni esterne che potrebbero diluire o travisare il suo percorso profondamente personale. Ciò suggerisce il desiderio di presentare la sua storia a modo suo, senza filtri, aspetto cruciale data la tematica, e promette una distillazione purissima della sua esperienza e della sua prospettiva comica.
La catarsi e la sfida dell’umorismo nero
“Postmortem” si muove sulla sottile linea tra “dolore e ilarità”, offrendo quella che viene descritta come una “esperienza catartica e profondamente umana”. Tuttavia, il percorso verso questa catarsi non è privo di sfide, come dimostrano le reazioni al tour “Postmortem” della Silverman. Alcuni spettatori hanno trovato il materiale “morboso e quasi malinconico” e “straziante”, pur riconoscendo che fosse “serio” e “divertente”.
Questa divergenza nelle reazioni del pubblico sottolinea come l’umorismo incentrato su un lutto personale e recente sia intensamente soggettivo. La sua ricezione dipende spesso dalle esperienze di perdita vissute da un individuo, dal suo rapporto con la mortalità e dalle sue aspettative preconcette su ciò che uno spettacolo comico dovrebbe offrire.
La stessa Silverman è ben consapevole della natura provocatoria del suo tema. Incorpora battute metareferenziali sulla situazione, scherzando sul fatto che i suoi genitori le abbiano regalato “circa un’ora di materiale nuovo” e che sente che loro “avrebbero voluto che lei monetizzasse questa cosa”. Questo umorismo autoreferenziale, un tratto distintivo del suo recente stile comico, funge da riconoscimento preventivo di potenziali critiche. Affrontando a viso aperto l’interpretazione potenzialmente scomoda o cinica delle sue azioni, la Silverman la disinnesca con l’umorismo, invitando contemporaneamente il pubblico a riflettere sulla complessa interazione tra arte, affari e tragedia personale. È una mossa che, in un certo senso, rende il pubblico complice nel ridere di una scomoda realtà. Nonostante l’oscurità del tema, la Silverman ha anche espresso la convinzione che “papà e Janice lo avrebbero adorato”.
Al di là del suo impatto sulla carriera della Silverman, “Postmortem” si pone come una testimonianza culturale che riflette la capacità unica della comicità di affrontare temi tabù, rielaborarli attraverso l’arte del racconto e offrire uno spazio di condivisione in cui il pubblico possa ridere, riflettere e persino trovare conforto. Portando un’esperienza così personale e spesso privata come il lutto per la perdita dei genitori in un contesto pubblico e comico, la Silverman contribuisce a normalizzare le conversazioni sulla morte e sulla perdita. Così facendo, può rendere più facile per altri riconoscere e condividere le proprie esperienze, dimostrando che anche nel dolore profondo sono possibili la risata, la connessione e un percorso di guarigione.
Dove vedere “Sarah Silverman: Postmortem”