Netflix sta per lanciare Il mistero della famiglia Carman, un documentario diretto da Yon Motskin che promette di immergersi nelle profondità di una moderna tragedia americana. Tuttavia, per lo spettatore occasionale, il titolo potrebbe semplicemente evocare un altro capitolo dell’inesauribile catalogo true crime.
Sarebbe un errore sottovalutare la portata di questa storia. Quello che si presenta come il racconto di un naufragio nell’Atlantico del Nord è, in realtà, la punta di un iceberg narrativo. Nascosta sotto la superficie c’è una saga di avidità generazionale, complesse diagnosi psichiatriche, esecuzioni a sangue freddo e una battaglia legale che ha sfidato i precedenti della giurisprudenza del New England.
L’immagine iniziale è di natura cinematografica: un giovane, Nathan Carman, che galleggia su una zattera di salvataggio nella vasta distesa blu, salvato da un mercantile cinese, l’Orient Lucky, dopo otto giorni alla deriva. Ma la realtà che attendeva Nathan sulla terraferma era molto più pericolosa dell’oceano. La sua sopravvivenza non è stata accolta con sollievo unanime, ma con un sospetto immediato e corrosivo. L’assenza di sua madre, Linda Carman, partita in barca con lui, non è stata percepita come una perdita accidentale, ma come il culmine di un piano macabro che si stava preparando da anni.
Questo reportage esaustivo analizza ogni strato di questo caso labirintico. Non ci limiteremo alla cronologia dei fatti; analizzeremo la psicologia dei protagonisti, la fisica forense del naufragio e le intricate manovre legali che hanno tentato di fermare un presunto assassino quando il sistema penale sembrava impotente. È una storia in cui i soldi dell’industria delle case di riposo hanno finanziato una vita di isolamento rurale, e in cui le modifiche a una barca da pesca sono diventate la prova di un intento omicida.
Parte I: Il patriarca e l’architettura della tensione
Per capire perché un giovane di 22 anni possa aver portato sua madre a morire in alto mare, dobbiamo tornare all’origine di tutto: i soldi e l’uomo che li ha fatti. John Chakalos non era semplicemente un nonno facoltoso; era il sole attorno al quale orbitava una famiglia fratturata dalla dipendenza economica e dalle gelosie.
L’impero della longevità
John Chakalos ha costruito la sua fortuna, stimata in oltre 42 milioni di dollari, sulle fondamenta della vulnerabilità umana. La sua attività principale era lo sviluppo e la gestione di case di cura per anziani. Per una crudele ironia, l’uomo che ha fatto milioni prendendosi cura degli anziani altrui avrebbe terminato i suoi giorni giustiziato in casa sua, tradito, secondo la tesi dell’accusa, dal suo stesso sangue.
La dinamica familiare dei Chakalos era un caso di studio sulla disfunzione benestante. John aveva quattro figlie: Linda, Valerie, Elaine e Charlene. Tuttavia, la distribuzione dell’affetto e, soprattutto, delle risorse finanziarie, non era equa.
Nathan Carman, il figlio di Linda, occupava un posto unico in questo ecosistema. Spesso descritto come il “nipote d’oro”, Nathan godeva di un rapporto con il nonno che le sue zie percepivano come sproporzionato. Mentre le figlie gareggiavano per l’attenzione del patriarca, Nathan riceveva visite costanti, cene private e, soprattutto, iniezioni dirette di capitale.
Questa preferenza non era immotivata. A Nathan, cui era stata diagnosticata la sindrome di Asperger, presentava sfide che John sembrava disposto a mitigare con il denaro. Tra il 2012 e il 2013, è documentato che Chakalos trasferì circa 550.000 dollari sui conti del nipote. Per le zie di Nathan, questa non era solo generosità; era una minaccia esistenziale alla loro futura eredità. Osservavano il patrimonio di famiglia, che consideravano un loro diritto di nascita, filtrare verso il giovane instabile del Vermont.
La psicogeografia di Windsor
La residenza di Chakalos a Windsor, nel Connecticut, era il centro nevralgico della famiglia. Fu lì che si consolidò il rapporto speciale tra nonno e nipote, e fu lì che quel rapporto ebbe il suo sanguinoso epilogo. La tensione in famiglia non era un segreto; era un’atmosfera palpabile. Le sorelle di Linda osservavano con crescente allarme come Nathan, un giovane con un passato di comportamenti erratici, diventasse il principale confidente e beneficiario del padre.
La teoria che sarebbe emersa in seguito ipotizzava che Nathan, pur essendo il favorito, vivesse nella paura paranoica di essere tagliato fuori finanziariamente. La dipendenza economica crea una pericolosa fragilità; se il rubinetto si chiude, la vita del dipendente crolla. Nella mente degli investigatori, il movente non era l’odio, ma l’autoconservazione. Nathan aveva bisogno che la struttura ereditaria fosse “congelata” allo stato attuale, prima che qualsiasi cambiamento di umore o nuova decisione testamentaria del nonno potesse escluderlo.
Parte II: Il profilo di una mente “complicata”
Nathan Carman non rientrava in nessuno stampo prestabilito, e questo divenne sia la sua difesa che la sua condanna di fronte all’opinione pubblica. La sua diagnosi di Asperger fu usata dalla difesa per spiegare la sua appiattita affettività e la sua mancanza di emozioni visibili dopo la tragedia. Tuttavia, la storia psichiatrica di Nathan suggeriva correnti molto più oscure della semplice neurodivergenza.
Primi segnali d’allarme
Molto prima che le barche affondassero o le pistole sparassero, Nathan mostrava segni di profonda instabilità. Nel 2011, sua madre stessa, Linda, scrisse su un forum di supporto per la salute mentale descrivendolo come “un pasticcio complicato”. Non erano le parole di una madre frustrata dai brutti voti, ma il grido d’aiuto di una donna che temeva il proprio figlio.
Le cartelle scolastiche e mediche, emerse durante le indagini successive, dipingevano un quadro inquietante. Furono segnalati episodi di “deliri paranoici” e quella che Linda chiamò “idiozia religiosa”. In un incidente scolastico, Nathan si riferì al vicepreside come “Satana” e a una segretaria come “agente del diavolo”.
Ma le parole erano il minimo. Ci furono episodi di violenza fisica reale. Si scoprì che, ancora bambino, aveva tenuto in ostaggio un altro minore usando un coltello. Questi episodi di violenza emergevano, secondo i rapporti, quando i suoi meccanismi di difesa venivano messi alla prova.
Il paradosso di Linda Carman
Qui si trova una delle tragedie centrali del caso: la devozione di Linda Carman. Pur consapevole della potenziale pericolosità del figlio, Linda divenne la sua più accanita protettrice. Il rapporto era intensamente co-dipendente. Il padre di Nathan, Earle Clark Carman, si era separato dal nucleo familiare, lasciando Linda come unica barriera tra Nathan e il mondo. Cercava instancabilmente terapie, specialisti e “cure di prim’ordine”, tentando di navigare nella psiche del figlio.
Questa devozione cieca spiegherebbe perché, anni dopo, Linda avrebbe accettato di salire su una barca sospettamente modificata con un figlio già sospettato di omicidio. Non era ignoranza; era una patologica speranza materna che, nonostante tutto, suo figlio non le avrebbe fatto del male. Quella speranza le sarebbe costata la vita.
Il cavallo e la fuga
Un dettaglio che illustra la strana psiche di Nathan avvenne nel 2011, dopo la morte del suo cavallo, “Cruise”. La perdita dell’animale provocò una crisi tale che Nathan fuggì di casa e fu dato per scomparso. Fu ritrovato giorni dopo in Virginia, illeso. Questo attaccamento agli animali contrastava violentemente con la sua apparente disconnessione dagli esseri umani.
Quando fu salvato sulla zattera nel 2016, tra i pochi beni che salvò dal naufragio — oltre a 4.000 dollari in contanti — c’erano foto di lui con quel cavallo. Per gli analisti comportamentali, ciò suggeriva una capacità di affetto selettiva e, forse, una totale disconnessione dall’empatia umana standard.
Parte III: L’esecuzione di Windsor e l’arma fantasma
La morte di John Chakalos nel dicembre 2013 non fu un evento ambiguo. Fu un’esecuzione. Il patriarca 87enne fu trovato nel suo letto con multiple ferite da arma da fuoco alla testa e al torso. La brutalità dell’atto suggeriva la chiara intenzione di assicurare la morte, eliminando ogni possibilità di sopravvivenza o recupero.
La cena finale
La cronologia di quella notte è cruciale. Nathan e suo nonno avevano cenato insieme, una routine abituale. Nathan fu l’ultima persona nota ad aver visto John vivo. Secondo le dichiarazioni iniziali di Nathan, lasciò la casa del nonno verso le 22:00 per tornare al suo appartamento a Bloomfield. Tuttavia, le discrepanze iniziarono a emergere immediatamente.
Gli investigatori stabilirono che la finestra temporale della morte di Chakalos coincideva in modo inquietante con il periodo successivo alla cena. Un testimone, citato in seguito dalla difesa di Nathan nei procedimenti civili, affermò che l’omicidio avvenne intorno alle 2:00 del mattino, mentre Nathan sosteneva di essere nel suo appartamento fino alle 2:40. Tuttavia, l’alibi era debole e mancava di solide conferme indipendenti nei momenti critici.
La Sig Sauer scomparsa
La prova più schiacciante, e allo stesso tempo la più frustrante per la polizia, era l’arma. Le indagini balistiche stabilirono che Chakalos era stato ucciso con un fucile calibro .308. Indagando sui recenti acquisti di Nathan, la polizia scoprì che aveva legalmente acquistato un fucile Sig Sauer modello 716 Patrol… calibro .308.
Quando la polizia chiese di vedere l’arma, Nathan ebbe una risposta semplice ed esasperante: l’aveva persa. Non c’era nessuna denuncia di furto, nessuna spiegazione coerente su come si “perde” un fucile ad alta potenza. Semplicemente, non c’era più.
Senza l’arma del delitto per eseguire test balistici comparativi, i procuratori del Connecticut si trovarono in un vicolo cieco. Avevano il movente (i soldi), l’opportunità (la cena) e il mezzo (il fucile scomparso), ma mancava loro la “pistola fumante” letterale necessaria per assicurare una condanna per omicidio oltre ogni ragionevole dubbio. Il caso si raffreddò ufficialmente, ma all’interno della famiglia Carman, il verdetto era già stato emesso. Le zie di Nathan tagliarono i ponti, convinte di avere di fronte l’assassino del padre. Nathan, ora sotto una nube di sospetto ma libero, prese la sua parte di denaro che il nonno gli aveva lasciato e fuggì a nord, nel Vermont.
Parte IV: La Chicken Pox e l’ingegneria del disastro
Nel Vermont, Nathan comprò una casa e cercò di stabilire una nuova vita. Ma i soldi stavano finendo. Verso il 2016, era disoccupato e i suoi fondi diminuivano rapidamente. Fu allora che la sua attenzione si rivolse al mare, e all’unica fonte rimasta di ricchezza familiare: sua madre.
Comprò una barca da pesca in alluminio di 31 piedi. Il nome che scelse per l’imbarcazione, Chicken Pox (Varicella), era tanto insolito quanto il suo proprietario. Ma ciò che fece alla barca fu ancora più strano. Nathan, un appassionato di fai-da-te senza formazione navale formale, iniziò ad apportare profonde modifiche strutturali alla nave.
Sabotaggio o incompetenza?
Le modifiche alla Chicken Pox sarebbero diventate il fulcro del caso di frode assicurativa e, successivamente, del caso di omicidio. Nathan rimosse i trim tabs (alette correttrici d’assetto) della barca. Queste alette sono dispositivi critici situati a poppa che aiutano a stabilizzare l’imbarcazione e a mantenere bassa la prua durante la navigazione. Rimuoverle rende una barca più difficile da manovrare e più incline a capovolgersi in condizioni avverse.
Inoltre, gli investigatori scoprirono che Nathan aveva tentato di sigillare fori nello scafo ed eseguire riparazioni al motore usando stucco epossidico in un modo che suggeriva negligenza o sabotaggio intenzionale. Lasciò aperti fori vicino alla linea di galleggiamento che erano stati precedentemente tappati. Quando la compagnia di assicurazioni, National Liability and Fire Insurance Co., ispezionò il caso dopo l’affondamento, i suoi esperti conclusero che la barca non era idonea alla navigazione. Sostennero che Nathan avesse deliberatamente alterato l’imbarcazione per facilitarne l’affondamento.
La domanda era: perché qualcuno renderebbe insicura la propria barca prima di uscire nell’oceano? La risposta dell’accusa era agghiacciante: perché non aveva mai avuto intenzione di riportare indietro la barca, né la sua passeggera.
Parte V: Il viaggio verso il nulla
Il 17 settembre 2016, Nathan e Linda salparono da Ram’s Point Marina nel Rhode Island. Secondo gli amici di Linda, come Sharon Hartstein e Monte Montegrio, Linda credeva che stessero andando a pescare vicino a Block Island, una zona sicura e familiare a circa 20 miglia dalla costa. Aveva impegni e si aspettava di tornare il giorno successivo. I suoi vestiti e le sue provviste erano coerenti con un viaggio breve.
L’inganno geografico
Tuttavia, Nathan diresse la Chicken Pox molto oltre Block Island. Navigò verso i canyon della piattaforma continentale, un’area di acque profonde a più di 100 miglia dalla costa, nota per la sua abbondanza di tonni ma anche per le sue condizioni pericolose. Portando sua madre così lontano, Nathan la sottrasse alla rete di sicurezza della copertura cellulare e del regolare traffico marittimo costiero.
La discrepanza sulla destinazione è fondamentale. Se Linda avesse saputo che stavano andando nei canyon, probabilmente si sarebbe rifiutata o si sarebbe preparata diversamente. Il fatto che la barca sia finita lì suggerisce che sia stata portata con l’inganno, una classica manovra di rapimento o premeditazione di omicidio.
Il naufragio
Ciò che accadde nel buio della notte o nelle prime ore del mattino seguente lo sa solo Nathan. Il suo racconto alla Guardia Costiera e successivamente ai media fu vago. Disse di aver sentito uno strano rumore nel vano motore. Controllando, vide che l’acqua stava entrando rapidamente. Affermò di aver detto a sua madre di preparare la zattera di salvataggio.
Secondo Nathan, riuscì a salire sulla zattera. Vide sua madre nella cabina della barca, ma poi, in pochi secondi, la Chicken Pox affondò, portando Linda con sé. Nathan assicurò di averla cercata, di aver gridato il suo nome, ma lei era scomparsa.
Non ci fu nessuna chiamata di Mayday, nessun uso della radio VHF prima dell’affondamento, nonostante una barca impieghi del tempo per riempirsi d’acqua. Solo silenzio.
Parte VI: La scienza della deriva e il salvataggio dell’Orient Lucky
La ricerca della Guardia Costiera fu massiccia. Furono rastrellate più di 11.000 miglia quadrate di oceano, un’area grande quanto due stati del Connecticut. La ricerca si estese fino a Montauk, New York, ma non trovarono nulla. Dopo una settimana, la ricerca attiva fu sospesa e si presunse che entrambi fossero morti.
Poi accadde il “miracolo”. Il mercantile Orient Lucky avvistò la zattera gonfiabile a circa 100 miglia a sud di Martha’s Vineyard. Nathan era vivo.
L’analisi di Woods Hole
La sopravvivenza di Nathan innescò un’indagine scientifica rigorosa. Esperti della prestigiosa Woods Hole Oceanographic Institution furono ingaggiati per eseguire un’analisi della “deriva inversa”. Utilizzando dati complessi sulle correnti oceaniche, la temperatura dell’acqua e i modelli del vento di quei giorni specifici del settembre 2016, modellarono il movimento della zattera all’indietro dal punto di salvataggio.
Le conclusioni furono devastanti per la credibilità di Nathan. L’analisi dimostrò che, affinché la zattera fosse arrivata al punto in cui era stata trovata dall’Orient Lucky, la Chicken Pox non poteva essere affondata dove diceva Nathan, né all’ora che diceva lui. I dati situavano l’affondamento in una posizione diversa, più in profondità nei canyon, confermando che Nathan aveva mentito sulla posizione dell’incidente.
Inoltre, le condizioni fisiche di Nathan e le sue provviste destarono sospetti. Fu trovato con cibo e acqua. Portava con sé 4.000 dollari in contanti, una somma strana per un viaggio di pesca. E forse la cosa più strana di tutte: le foto del suo cavallo. Sembrava aver preparato una borsa di “fuga” o sopravvivenza, dando priorità al proprio denaro e ai ricordi sentimentali piuttosto che alla sicurezza di sua madre o all’equipaggiamento di comunicazione d’emergenza.
Parte VII: La guerra legale e la “Slayer Rule”
Mentre Nathan tornava nel Vermont, le sue zie iniziarono un’offensiva legale senza precedenti. Valerie Santilli, Elaine Chakalos e Charlene Gallagher non erano disposte a permettere che l’uomo che credevano avesse ucciso il loro padre e la loro sorella beneficiasse economicamente dei suoi crimini.
L’assedio civile
Presentarono un’istanza nel New Hampshire invocando la “Slayer Rule” (Regola dell’assassino). Questo principio del diritto consuetudinario stabilisce che un individuo non può ereditare da una persona che ha ucciso intenzionalmente. L’obiettivo era diseredare Nathan non solo dalla fortuna del nonno (ancora in disputa), ma anche dalla quota di Linda, che ammontava a circa 7 milioni di dollari.
Il caso fu una complessa battaglia giurisdizionale. Un giudice del New Hampshire respinse inizialmente il caso nel 2019 per questioni tecniche di residenza (John Chakalos non era residente del NH), costringendo le zie a ripresentare l’istanza nel Connecticut. Tuttavia, la pressione legale fu immensa. Le zie dipinsero Nathan come un predatore calcolatore mosso da avidità e malizia, sostenendo che avesse ucciso gli unici due membri della famiglia che lo amavano per assicurarsi il futuro finanziario.
Il processo dell’assicurazione
Contemporaneamente, Nathan citò in giudizio la sua assicurazione per aver negato la richiesta di risarcimento da 85.000 dollari per la barca. Questo processo civile divenne de facto un processo per omicidio. Nathan, dimostrando una notevole arroganza intellettuale, decise di rappresentarsi da solo in tribunale federale. Affrontò avvocati aziendali esperti, interrogando testimoni e presentando arringhe.
Il suo comportamento in tribunale fu freddo, tecnico e privo di emozioni, cosa che alienò ulteriormente gli osservatori. Gli avvocati dell’assicurazione presentarono prove schiaccianti delle modifiche alla barca. Il giudice federale si pronunciò a favore dell’assicurazione, stabilendo che Nathan aveva contribuito all’affondamento della barca e che le sue azioni erano state fraudolente. Fu la prima volta che un tribunale convalidò ufficialmente la teoria che il naufragio non era stato un incidente.
Parte VIII: L’accusa finale e l’epilogo in cella
Nonostante le sconfitte civili, Nathan rimase libero fino a maggio 2022. Fu allora che l’Ufficio del Procuratore degli Stati Uniti nel Vermont emise finalmente un’accusa formale. Nathan Carman fu arrestato e accusato di omicidio di primo grado per la morte di sua madre in alto mare e di molteplici capi d’accusa di frode telematica per ottenere l’eredità di suo nonno.
L’accusa unificava finalmente le due tragedie: sosteneva che l’omicidio di John Chakalos nel 2013 e quello di Linda Carman nel 2016 facessero parte di un unico schema criminale continuo (“scheme to defraud”). I procuratori sostennero che Nathan uccise suo nonno per impedirgli di cambiare il testamento e uccise sua madre per ereditare la sua quota del fondo fiduciario.
Il suicidio e il silenzio eterno
Nathan Carman si dichiarò non colpevole. Il suo team legale, ora composto da difensori pubblici federali, si preparava per un processo che prometteva di essere l’evento giudiziario del decennio nel New England. Avrebbero sostenuto che le prove erano circostanziali e che non c’era alcuna prova forense diretta che lo collegasse agli spari o al sabotaggio della barca.
Ma il processo non sarebbe mai arrivato. Nel giugno 2023, a 29 anni, Nathan fu trovato morto nella sua cella nella prigione della contea di Cheshire. Si era tolto la vita, lasciando un biglietto che non è mai stato reso pubblico integralmente.
La sua morte provocò l’archiviazione automatica delle accuse penali, lasciando il caso legalmente “irrisolto” per sempre. Il suicidio di Nathan fu l’ultimo atto di controllo di un uomo che aveva tentato di manipolare ogni aspetto del suo ambiente, dall’architettura della sua barca al sistema legale. Morendo prima del processo, negò alle zie, ai procuratori e al pubblico la soddisfazione di un verdetto di colpevolezza. Portò la verità nella tomba, lasciando dietro di sé una scia di distruzione finanziaria ed emotiva che impiegherà generazioni a guarire.
L’eredità documentaria
Il documentario di Netflix arriva in un momento in cui la polvere legale si è depositata, ma le domande morali continuano a bruciare. Basato su profonde indagini giornalistiche, come quella di Evan Lubofsky per WIRED, il film ha il compito di ricostruire una narrazione che il sistema giudiziario non ha mai potuto completare.
La storia dei Carman ci costringe a guardare gli abissi che possono esistere all’interno di famiglie apparentemente privilegiate. Ci mostra come il denaro possa agire da accelerante per la disfunzione mentale e come l’amore di una madre, nella sua forma più cieca e protettiva, possa involontariamente diventare lo strumento della sua stessa distruzione.
Linda Carman salì su quella barca con il figlio che amava e temeva allo stesso tempo; il suo destino finale nelle acque scure dell’Atlantico rimane la testimonianza più dolorosa di questa tragedia americana. La Chicken Pox giace sul fondo dell’oceano, e con essa, l’unica altra testimone di ciò che accadde realmente. Nathan Carman è morto legalmente innocente, ma condannato nel tribunale dell’opinione pubblica e della storia. La sua eredità non è la fortuna che tanto bramava, ma un monito eterno sui pericoli del sangue, del denaro e dell’acqua.
Il mistero della famiglia Carman debutta su Netflix il 19 novembre.

