Mio Padre, l’Assassino: La Doppia Vita di BTK e la Realtà Distrutta di sua Figlia

Mio padre, il killer BTK
Anna Green
Anna Green
Anna Green scrive per MCM. Nata in Australia, vive a Londra dal 2004.

In un giorno altrimenti ordinario, un agente dell’FBI bussò alla porta dell’appartamento di Kerri Rawson in Michigan. All’interno, sul bancone della cucina, c’era una torta al cioccolato, un dettaglio banale in un momento che stava per frantumare la sua esistenza.

L’agente le comunicò una notizia che sfidava ogni logica e ricordo: suo padre, Dennis Rader, l’uomo che l’aveva cresciuta, il pilastro della sua comunità, era appena stato arrestato. Era il famigerato serial killer conosciuto come BTK.

Per Rawson, la rivelazione fu un cataclisma fisico ed emotivo. Il mondo intorno a lei si distorse; descrisse come la stanza “diventa letteralmente più luminosa; si oscura, come se girasse”. In un disperato tentativo di ancorarsi alla realtà, la sua mente si aggrappò a oggetti triviali, come libri di cucina o una borsa. Questo momento la fece precipitare in quello che in seguito avrebbe descritto come un “buco nero di orrore e incredulità”.

L’uomo che conosceva come un padre affettuoso, un capo dei Boy Scout e presidente della sua chiesa, aveva usato la sua stessa famiglia come una facciata per coprire crimini atroci commessi da prima che lei nascesse. Sulla soglia di casa, prima che l’orrore si sedimentasse completamente, un istinto profondamente radicato prese il sopravvento. Fedele alle lezioni di suo padre sulla cautela e la diffidenza verso gli estranei, chiese all’agente dell’FBI di mostrarle il suo tesserino di riconoscimento.

Questo gesto, apparentemente semplice, rivela un paradosso agghiacciante che si trova al centro della sua storia. Lo stesso uomo che le aveva insegnato le regole base dell’autoprotezione era, in realtà, il mostro da cui doveva essere protetta. La sua conoscenza di come un predatore potesse accedere a un’abitazione non era teorica; proveniva dalla sua stessa e metodica esperienza criminale. Pertanto, il suo ruolo di “padre protettivo” non era semplicemente una maschera, ma un’identità distorta, informata e perfezionata dalla sua vita segreta come assassino. Stava, in effetti, insegnando a sua figlia a difendersi da qualcuno come lui, intrecciando le sue due vite in un modo che rendeva la verità finale una contraddizione impossibile da elaborare, non una semplice bugia.

L’uomo dalle due facce

Per la comunità di Wichita, Kansas, Dennis Rader era l’incarnazione della normalità della classe media americana. Era un veterano della U.S. Air Force, un padre di famiglia sposato con due figli e un membro attivo e rispettato della società. La sua vita pubblica era segnata dal servizio e dalla partecipazione: era capo dei Boy Scout, volontario nella sua chiesa e, al momento del suo arresto, ricopriva la carica di presidente della congregazione. Come ha detto sua figlia, “non ha solo ingannato la sua famiglia, ha ingannato un’intera città”. Questa facciata di rispettabilità era così completa da permettergli di operare in piena vista, nascosto “proprio sotto il loro naso” per oltre tre decenni.

Tuttavia, dietro questa apparenza di normalità si nascondeva una psiche patologica. Fin dalla sua giovinezza, Rader nutriva fantasie sessuali sadiche e violente che coinvolgevano la schiavitù e la tortura di donne “intrappolate e indifese”. La sua storia segreta includeva atti di zoosadismo — torturare e uccidere animali — e feticci come l’asfissia autoerotica e il travestitismo, spiando spesso le vicine mentre indossava abiti da donna che aveva rubato.

Gli psicologi forensi lo hanno descritto come uno psicopatico sadico sessuale, un individuo che manca di empatia e non prova rimorso per le sue azioni. La sua personalità è un esempio da manuale della “Triade Oscura” dei tratti psicologici:

  • Psicopatia: Evidente nella sua totale mancanza di empatia, nella sua violenza sadica e nel suo agghiacciante distacco nel confessare i suoi crimini.
  • Narcisismo: Manifestato nel suo grandioso senso di sé, nel suo desiderio di fama e nel suo bisogno di schernire la polizia, credendosi superiore e irraggiungibile.
  • Machiavellismo: Dimostrato attraverso la sua meticolosa pianificazione, la sua capacità di manipolazione e inganno e il mantenimento di una doppia vita per decenni.

Questa facciata di normalità non era semplicemente un travestimento passivo; era un’arma attiva ed essenziale nel suo arsenale criminale. Mentre lo stereotipo di un serial killer evoca spesso l’immagine di un emarginato sociale, Rader coltivava attivamente un’immagine di conformità e rispettabilità. I suoi ruoli di leader della comunità e uomo di chiesa gli fornirono uno scudo impenetrabile di fiducia sociale. Questa fiducia lo rese funzionalmente invisibile, deviando ogni possibile sospetto. La sua vita familiare non era semplicemente un’esistenza parallela ai suoi crimini; era una componente integrante e strategica della sua metodologia. Più sembrava normale e impegnato, più efficacemente poteva pedinare, pianificare ed eseguire i suoi omicidi senza essere scoperto. Per uno psicopatico organizzato come Rader, la recita della conformità sociale non era un segno di latenza, ma lo strumento più pericoloso di tutti.

Un Regno di Terrore Silenzioso

Il terrore di Dennis Rader su Wichita iniziò con una brutalità sconvolgente e si protrasse per quasi due decenni. La sua ondata di crimini, che si estese dal 1974 al 1991, costò la vita ad almeno dieci persone, di età compresa tra i nove e i 62 anni. Il suo primo atto noto fu l’omicidio di quattro membri della famiglia Otero, un crimine che segnò l’inizio di un lungo e oscuro capitolo nella storia della città. Fu lui stesso a darsi il soprannome che lo avrebbe reso tristemente famoso: BTK, un acronimo per “Bind, Torture, Kill” (Lega, Tortura, Uccidi), che descriveva la sua firma metodica e rituale.

Rader era un assassino altamente organizzato e premeditato. Pedinava le sue vittime, a volte per settimane o mesi, studiando le loro routine prima di colpire. Irrompeva nelle loro case, le legava, le sottoponeva a una tortura fisica e psicologica e infine le strangolava. Per rivivere i suoi crimini, spesso prendeva “souvenir” dalle scene, come biancheria intima, patenti di guida o altri oggetti personali.

Un aspetto distintivo del caso BTK fu la compulsione narcisistica di Rader a comunicare con i media e la polizia. Inviò una serie di lettere e poesie beffarde, insieme a prove dei suoi crimini, a giornali e stazioni televisive locali. In una delle sue comunicazioni, irritato dalla mancanza di copertura mediatica, scrisse: “Quante persone devo uccidere per avere un nome sul giornale o un po’ di attenzione nazionale?”. Questo desiderio di riconoscimento divenne il motore della sua campagna di terrore pubblico.

Dopo il suo ultimo omicidio confermato, il caso si raffreddò e Rader scomparve dalla vista pubblica per oltre un decennio, trasformando il caso BTK in uno dei più noti casi irrisolti d’America. Ironicamente, fu il suo stesso smisurato ego a portarlo alla rovina. Infastidito da un articolo di giornale che, nel trentesimo anniversario dei suoi primi omicidi, ipotizzava che potesse essere morto o in prigione, riemerse per reclamare l’attenzione che tanto desiderava.

In una comunicazione con la polizia, commise un errore fatale: chiese se un floppy disk potesse essere rintracciato. Le autorità, attraverso un annuncio economico, gli assicurarono falsamente che sarebbe stato sicuro. Rader inviò un floppy disk che fu rapidamente rintracciato fino alla chiesa di cui era presidente. Successivamente, il suo DNA fu confrontato con lo sperma trovato sulla prima scena del crimine. Fu arrestato e, dopo essersi dichiarato colpevole, fu condannato a dieci ergastoli consecutivi.

La cattura di Rader non fu semplicemente il risultato di un buon lavoro di polizia, ma la conclusione logica della sua stessa patologia. Il suo bisogno di fama fu sia la forza motrice dei suoi crimini sia la causa diretta del suo arresto. Per anni, la sua meticolosa pianificazione gli permise di eludere le autorità. Tuttavia, la ferita narcisistica di essere dimenticato fu troppo per lui. Questo impulso lo fece uscire allo scoperto, ma la sua lunga assenza dal “gioco” lo aveva reso compiacente. Commise un errore tecnologico — quello del floppy disk — che non avrebbe affrontato negli anni ’70. La catena causale è chiara: lo stesso tratto della personalità che lo spinse a uccidere e a schernire la legge fu quello che lo espose. La sua caduta fu la manifestazione di un meccanismo di autodistruzione insito nel suo stesso narcisismo.

La Storia della Figlia: Riconciliare l’Irriconciliabile

Il nuovo documentario di Netflix, Mio padre, il killer BTK, sposta l’attenzione dall’assassino per concentrarsi sulla storia di sua figlia, Kerri Rawson, esplorando le profonde e durature conseguenze dei suoi crimini. La narrazione si addentra nel trauma di una donna che deve riconciliare i ricordi di un padre amorevole con la mostruosa verità delle sue azioni.

Una Realtà Fratturata

La rivelazione dell’identità di suo padre “fece implodere” la sua famiglia, lasciandoli tutti come “vittime di un trauma”. Rawson descrive la vita dopo l’arresto come un’esistenza con un “enorme elefante nella stanza”, una verità ineludibile che tinge ogni cosa. Soffrì di un grave disturbo da stress post-traumatico (PTSD), attacchi di panico e una profonda depressione. L’impatto sulla sua identità fu così devastante che sentì di aver “perso Kerri” per sette anni, come se la persona che era prima fosse scomparsa. Il trauma non fu solo psicologico; la famiglia perse la casa e affrontò un implacabile scrutinio mediatico che esacerbò la loro angoscia.

Mentre il sistema legale ha chiuso il caso di Dennis Rader con dieci condanne per omicidio, la storia di Rawson rivela un undicesimo crimine, uno che rimane irrisolto: la distruzione psicologica della sua stessa famiglia. La loro sofferenza rappresenta un ergastolo senza possibilità di libertà condizionale. La legge definisce i crimini di Rader per le sue vittime assassinate, ma la testimonianza di sua figlia espone un nuovo gruppo di vittime. Il “crimine” contro di loro non è stato l’omicidio, ma l’annientamento completo della loro realtà, identità e senso di sicurezza. I decenni di inganni di Rader costituirono un atto prolungato di abuso psicologico che detonò con il suo arresto. L'”implosione” della sua famiglia fu l’atto finale e devastante del suo regno di terrore, dimostrando che la narrazione di un serial killer non termina con la sua cattura. Il vero capitolo finale è scritto nelle vite di coloro che ha usato come copertura.

Il Padre che Lei Conosceva

La lotta centrale di Rawson risiede nella dissonanza tra due realtà inconciliabili. Da un lato, c’è il mostro BTK. Dall’altro, c’è il padre che conosceva e amava. I suoi ricordi e il suo libro dipingono un ritratto di un uomo che, in superficie, era un padre affettuoso, paziente e devoto. La portò in escursione al Grand Canyon, le insegnò a curare il giardino, la portò di corsa in ospedale quando si ruppe il gomito e si commosse quando partì per l’università. Ricorda di averlo visto piangere l’11 settembre e lamentare la morte di parenti, mostrando un’apparente capacità di lutto ed empatia.

Questa immagine si scontra frontalmente con la diagnosi di psicopatico incapace di provare empatia. La stessa Rawson sfida questa definizione semplicistica, suggerendo che “forse dobbiamo riaprire il libro su cosa sia uno psicopatico”. Rader stesso offrì una spiegazione per questa dualità, descrivendola come “compartimentalizzazione”: quando era con la sua famiglia, era “papà o Dennis”; solo quando era solo diventava “BTK”.

Il Cammino Verso il Perdono

Anni dopo la condanna di suo padre, Rawson prese la difficile decisione di riprendere i contatti con lui tramite lettere. Per poterlo fare, stabilì una distinzione cruciale nella sua mente: “Non stavo comunicando con BTK… Sto parlando con mio padre… l’uomo con cui ho vissuto e che ho amato per 26 anni”. Il suo cammino verso il perdono non fu un atto di assoluzione, ma di autoconservazione, profondamente radicato nella sua fede cristiana. Spiega che il risentimento e il tradimento la stavano consumando dall’interno. “Ho dovuto lasciarlo andare perché stava marcendo dentro di me. Mi stava uccidendo”, afferma.

Rawson è chiara nel sottolineare che perdonarlo non significa condonare i suoi crimini, che definisce come qualcosa di “non giusto”, ma si tratta di guarire la ferita personale del tradimento. La sua fede, diventata la sua ancora di salvezza, si era rafforzata anni prima dell’arresto di suo padre durante una pericolosa escursione al Grand Canyon con lui. In un momento di pericolo mortale, si rivolse a Dio, un’esperienza che ora vede come una preparazione divina per il trauma inimmaginabile che stava per arrivare.

Una Nuova Narrativa di Sopravvivenza

Il documentario Mio padre, il killer BTK si posiziona come qualcosa di più di un’altra storia di cronaca nera. È un atto di riappropriazione narrativa da parte di Kerri Rawson. Per anni, è stata definita pubblicamente dall’identità di suo padre, conosciuta semplicemente come “la figlia di BTK”. Raccontando la sua storia, sia nei suoi libri che in questo documentario, si è trasformata in una sostenitrice delle vittime di abusi, crimini e traumi, dando voce ai sopravvissuti indiretti di atti di violenza estrema.

Lo scopo del film è esplorare la lotta per riconciliare il padre amorevole con l’assassino brutale e, così facendo, offrire un potente messaggio di speranza, guarigione и superamento di fronte a un’oscurità inimmaginabile. È una storia sulla raccolta dei pezzi di una vita distrutta, sulla guarigione dagli effetti duraturi della violenza e, infine, sull’imparare a perdonare l’imperdonabile. Il documentario offre un’esplorazione intima della vita con uno degli assassini più noti d’America, raccontata dalla prospettiva unica e straziante della figlia che, nonostante tutto, lo amava.

Mio padre, il killer BTK debutta su Netflix il 10 ottobre.

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