Pronti per un thriller ad alta tensione? Come vedrete, la premessa parte forte e promette uno di quei film che lasciano senza fiato fin dal primo minuto.
Il film inizia con il rilevamento di un singolo missile balistico intercontinentale (ICBM) di origine sconosciuta, lanciato da una località non identificata nell’Oceano Pacifico. Questo singolo atto dà il via a una corsa contro il tempo ai massimi livelli del governo e delle forze armate degli Stati Uniti per determinare l’origine del missile e formulare una risposta adeguata.
Il nucleo della tensione narrativa risiede nella terrificante brevità del tempo a disposizione: le autorità vengono informate di avere una finestra tra i 15 e i 19 minuti prima che il missile raggiunga il suo obiettivo. Ben presto si scopre che l’obiettivo è un’importante città americana: Chicago.
In un disperato tentativo di neutralizzare la minaccia, vengono lanciati due missili intercettori, ma il sistema di difesa, spesso descritto come l’equivalente di “un proiettile che colpisce un altro proiettile”, fallisce catastroficamente: uno degli intercettori non parte e l’altro manca il bersaglio.
La narrazione giustappone deliberatamente la natura catastrofica della minaccia all’assoluta normalità del momento in cui si verifica. La storia inizia in una mattinata di sole a Washington, D.C., dove i dipendenti governativi seguono i protocolli di sicurezza di routine e si sistemano ai loro posti di lavoro. Lo stesso Presidente degli Stati Uniti viene allontanato da un evento pubblico, una partita di basket, non appena riceve la notizia.
Questo netto contrasto non è una semplice tecnica per preparare la scena; è un espediente tematico centrale. Collocando l’incidente iniziale in un contesto di assoluta quotidianità, il film sostiene che la possibilità di un’apocalisse nucleare non sia un concetto astratto o una reliquia della Guerra Fredda, ma una minaccia latente incorporata nella nostra realtà quotidiana. Trasforma uno “scenario da incubo” in qualcosa di terribilmente plausibile, suggerendo che la “casa piena di dinamite” (A House of Dynamite) del titolo sia il mondo che abitiamo attualmente.
Una crisi in trittico: Struttura narrativa e prospettiva
A House of Dynamite utilizza un approccio strutturale non convenzionale per raccontare la sua storia, descritto come un “trittico” o un “incubo ricorrente”. Il periodo critico della crisi, della durata di circa 15 minuti, viene mostrato più volte da diversi punti di vista, e ogni ripetizione rivela nuove informazioni e approfondisce la comprensione del caos istituzionale. La narrazione si snoda attraverso tre luoghi principali, sviluppando a ogni iterazione personaggi che prima erano stati visti solo di sfuggita o attraverso schermi video.
Il montatore Kirk Baxter intreccia abilmente queste prospettive, creando un “ronzio istituzionale inquieto e incessante” che immerge lo spettatore nella densità delle informazioni e dei protocolli.
La narrazione alterna diversi punti di vista chiave per costruire il suo ritratto multisfaccettato della crisi. Una prospettiva si concentra sulla prima linea di difesa: un battaglione di difesa missilistica a Fort Greely, in Alaska. Lì, il Maggiore Daniel Gonzalez (interpretato da Anthony Ramos) e la sua squadra sono i primi a rilevare la minaccia in arrivo e devono eseguire i tentativi iniziali di intercettazione.
Un’altra prospettiva ci porta nel centro nevralgico del processo decisionale, la Situation Room della Casa Bianca. In questo scenario, la Capitana Olivia Walker (Rebecca Ferguson) è incaricata di gestire le comunicazioni di crisi tra i vari leader governativi e militari, agendo come un nesso di informazioni in mezzo alla crescente confusione.
Infine, il film adotta il punto di vista del comandante in capo, seguendo il Presidente degli Stati Uniti (Idris Elba), che viene evacuato da un evento pubblico. Mentre viene portato in un luogo sicuro, deve affrontare la decisione finale su una possibile rappresaglia, un peso che ricade unicamente sulle sue spalle. A questa prospettiva si aggiunge quella di un pilota di bombardiere, incaricato di eseguire la possibile risposta di rappresaglia degli Stati Uniti.
Questa cronologia ricorsiva è più di un semplice artificio stilistico; è il meccanismo principale del film per trasmettere il suo tema centrale. Negando allo spettatore una visione onnisciente e completa della crisi mentre si svolge, la struttura simula la “nebbia della guerra”.
Il pubblico, proprio come i personaggi, possiede solo informazioni parziali in ogni momento. La ripetizione di frasi chiave non solo orienta lo spettatore, ma conferisce anche alle parole una “qualità di mantra pre-programmato”, adatta a un mondo governato da protocolli rigidi. In questo modo, la struttura costringe lo spettatore a sperimentare in prima persona la paralisi istituzionale e la confusione, dimostrando che anche con protocolli stabiliti, il sistema è intrinsecamente frammentato e incline al caos sotto pressione estrema.
Gli architetti della risposta: Personaggi sull’orlo dell’abisso
Al centro della crisi ci sono individui chiave che devono navigare in una situazione impossibile entro i rigidi confini dei loro doveri professionali. Idris Elba interpreta il Presidente degli Stati Uniti, un leader che appare sopraffatto dall’improvvisa gravità degli eventi. Lotta per scegliere tra le opzioni di rappresaglia, avendo ricevuto solo un breve briefing sul protocollo nucleare. È costretto a tormentarsi su una decisione che, come sottolinea un subordinato, “contrappone la sopravvivenza al suicidio”.
Rebecca Ferguson interpreta la Capitana Olivia Walker, un ufficiale superiore nella Situation Room della Casa Bianca. Il suo personaggio è ritratto come calmo e imperturbabile, concentrato nel garantire una comunicazione fluida tra i leader. Il film sottolinea la sua competenza, presentandola come una professionista definita dalla sua funzione, non dal suo genere o dal suo status di madre, in linea con altri protagonisti della Bigelow.
Il cast corale è completato da figure militari e politiche chiave, come Jared Harris nel ruolo del Segretario alla Difesa Reid Baker, che scopre che il missile è diretto a Chicago, la città dove vive sua figlia, aggiungendo una dimensione personale alla crisi geopolitica. Anthony Ramos è il Maggiore Daniel Gonzalez, a capo della squadra di difesa missilistica in Alaska. Tracy Letts interpreta il Generale Anthony Brady, un generale di alto rango che preme per una rappresaglia presidenziale per scoraggiare futuri attacchi. Il cast include anche Gabriel Basso nel ruolo del Vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Baerington, Greta Lee come esperta di affari esteri, e Moses Ingram, Jonah Hauer-King e Jason Clarke in altri ruoli chiave.
Il film ritrae deliberatamente i suoi personaggi come professionisti competenti e articolati. Questa scelta è cruciale per la sua critica più ampia: il problema non risiede nel fallimento individuale, ma nel sistema stesso. L’orrore del film non nasce dall’errore umano, ma dall’esecuzione impeccabile di un protocollo logicamente folle. Rendendo i personaggi capaci e calmi sotto una pressione inimmaginabile, i filmmaker sostengono che nessuna dose di competenza individuale possa riparare un sistema costruito sulla premessa della distruzione mutua assicurata. La vera tragedia è che il sistema funzioni esattamente come è stato progettato.
La ricerca dell’autenticità: Una dottrina di realismo
A House of Dynamite segna il ritorno della regista Kathryn Bigelow sul grande schermo, il suo primo lungometraggio dal suo film del 2017, Detroit. Il film prosegue la fascinazione che la Bigelow ha mostrato nel corso della sua carriera per gli “ingranaggi della politica statale” e le realtà del combattimento e della sicurezza nazionale, temi esplorati in precedenza in opere come The Hurt Locker e Zero Dark Thirty.
La regista stessa afferma di essere “ossessionata dalla sicurezza nazionale”. Questo impegno per il realismo si riflette nella sceneggiatura, scritta da Noah Oppenheim, ex presidente di NBC News ed esperto di preparazione nucleare. Insieme, Bigelow e Oppenheim hanno consultato numerosi funzionari militari e della Casa Bianca, sia in servizio che in pensione, di diverse amministrazioni, per costruire uno scenario ipotetico il più verosimile possibile.
Questo rigore si è esteso al set, dove erano presenti consulenti esperti del mondo reale. Tra questi c’erano Larry Pfeiffer, che ha diretto la Situation Room della Casa Bianca, e Dan Karbler, ex comandante di Fort Greely, in Alaska. Karbler ha descritto le scene che rappresentano le operazioni di difesa missilistica come “super realistiche” e ha notato che la mancanza di preparazione del presidente nel film per una crisi di questo tipo è altrettanto fedele alla realtà, poiché i presidenti in carica raramente partecipano a esercitazioni di questo tipo.
Con una decisione significativa che sottolinea la posizione del film come indagine indipendente, la Bigelow ha scelto di non richiedere la cooperazione del Pentagono. “Sentivo che dovevamo essere più indipendenti”, ha dichiarato. Questa combinazione del background giornalistico di Oppenheim e dello stile cinematografico investigativo della Bigelow posiziona il film come un ibrido unico: un’opera di giornalismo narrativo. Utilizzando i metodi del giornalismo per costruire una narrazione di finzione, i filmmaker conferiscono un’autorità fattuale al loro avvertimento tematico, creando di fatto un reportage investigativo sotto forma di film ad alto budget.
Un avvertimento per l’era nucleare: L’intenzione tematica
Oltre ad essere un thriller ad alta tensione, il film funziona come un “appassionato e potente appello al disarmo”. L’intenzione dichiarata dei filmmaker è quella di provocare un dibattito sulla necessità di ridurre gli arsenali nucleari mondiali.
Il film si articola attorno al paradosso della deterrenza nucleare. La Bigelow mette in discussione la razionalità di una misura difensiva che dipende da un “ambiente dal grilletto facile che potrebbe creare l’annientamento globale”, evidenziando il “grado sconcertante di caos, confusione e impotenza” inerente a tale sistema. Il conflitto è riassunto nella sua dichiarazione: “Siamo in questo folle paradosso in cui per salvare il mondo, dobbiamo distruggere il mondo”.
La motivazione della Bigelow, cresciuta durante la Guerra Fredda facendo esercitazioni “duck and cover” (accovacciati e copriti), era quella di esaminare quell’ansia attraverso una lente contemporanea. Oppenheim fa eco a questo sentimento, affermando di volere che la gente ricordi che “sebbene la Guerra Fredda sia finita da tempo, l’era nucleare non lo è”. Il titolo del film deriva dalla metafora di Oppenheim per il mondo moderno: “viviamo, come dice il titolo, in una casa piena di dinamite”.
La domanda finale di Bigelow, che racchiude lo scopo del film, è: “Come togliamo la dinamite dalle pareti… senza far crollare la casa?”.
Deliberatamente, il film lascia le sue domande centrali senza risposta, funzionando più come un catalizzatore per il dibattito che come un fornitore di soluzioni. È progettato per essere “intenzionalmente esasperante”, lasciando il pubblico “senza risposte, costretto a trovare le proprie”. Questo rifiuto di fornire una conclusione netta è la strategia retorica finale del film. Non è una storia con una risoluzione; è l’esposizione di un problema. Frustrando il desiderio di chiusura del pubblico, i filmmaker trasferiscono la responsabilità di trovare una risposta dallo schermo allo spettatore, realizzando direttamente il loro obiettivo dichiarato di avviare una “conversazione”. Il finale frustrante del film è, di fatto, la sua principale chiamata all’azione.
Informazioni sulla produzione e l’uscita
A House of Dynamite è un thriller politico apocalittico statunitense diretto da Kathryn Bigelow e scritto da Noah Oppenheim. Il film, girato in inglese, vanta un cast corale che include Idris Elba, Rebecca Ferguson, Gabriel Basso, Jared Harris, Tracy Letts, Anthony Ramos, Moses Ingram, Jonah Hauer-King, Greta Lee e Jason Clarke.
La produzione è stata curata da Greg Shapiro, dalla stessa Bigelow e da Oppenheim, con Barry Ackroyd come direttore della fotografia, Kirk Baxter come montatore e Volker Bertelmann alla colonna sonora. Prodotto da First Light, Prologue Entertainment e Kingsgate Films, il film ha una durata di 112 minuti.
La distribuzione mondiale è affidata a Netflix. A House of Dynamite è stato presentato in anteprima mondiale in concorso principale alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il 2 settembre 2025. Successivamente, è uscito in sale selezionate nel Regno Unito il 3 ottobre e negli Stati Uniti il 10 ottobre, prima del suo debutto mondiale in streaming su Netflix il 24 ottobre 2025.