Lucia Wilcox: L’Eredità Ritrovata di un’Artista Visionaria

Una nuova mostra celebra la figura di Lucia Wilcox, pittrice che ha attraversato i movimenti artistici del XX secolo, dal Surrealismo all'Espressionismo Astratto, lasciando un segno indelebile con la sua arte vibrante e profondamente personale.
11/05/2025 - 07:27 EDT
Lucia Wilcox
Lucia Wilcox

Nel panorama artistico del Novecento, poche figure femminili hanno saputo navigare con altrettanta originalità e influenza i tumultuosi cambiamenti stilistici e culturali come Lucia Wilcox. La sua vita straordinaria, iniziata a Beirut e proseguita nei centri nevralgici dell’arte mondiale come Parigi e New York, l’ha vista protagonista e testimone di un’epoca irripetibile. Residente a East Hampton dagli anni Quaranta, Wilcox divenne un ponte cruciale tra gli artisti europei emigrati, quali Fernand Léger, Max Ernst e Yves Tanguy, e gli esponenti dell’Espressionismo Astratto americano, come Lee Krasner, Jackson Pollock ed Elaine e Willem de Kooning.

La sua opera, descritta già nel 1973 dal New York Times come “intrecciata nella storia dell’arte del ventesimo secolo”, è ora al centro di una riscoperta, grazie a una nuova esposizione che promette di illuminare un capitolo fondamentale della sua carriera. La mostra si concentrerà in particolare sui suoi lavori surrealisti, realizzati tra il 1943 e il 1948, un periodo di intensa creatività in cui l’artista, conosciuta professionalmente semplicemente come “Lucia”, diede vita a composizioni dai colori vividi e dall’immaginazione sfrenata.

Influenzata dal Fauvismo, dal Primitivismo e dal Simbolismo, Lucia sviluppò un linguaggio surrealista unico, caratterizzato da un gioioso abbraccio alla vita, alla libertà e ai piaceri sensuali. Spesso, il nudo femminile, insieme al colore e alla linea, diventava strumento per costruire un regno di piacere disinibito, traendo ispirazione talvolta da Henri Matisse. Tuttavia, nelle sue rappresentazioni ironiche e argute, trasformava i tradizionali tropi di angeli femminili, nudi reclinati e danzatrici – spesso emblemi dell’etereità e della sessualità femminile nelle opere di artisti uomini (incluso Matisse) – in affermazioni della libertà e del piacere delle donne. Questi “paesaggi fantastici” rappresentano una sottile ma potente sfida femminista all’etica surrealista, in cui gli artisti maschi usavano frequentemente le donne come muse e veicoli per visioni intrise di violenza erotica e allucinazioni. Come altre donne associate al Surrealismo – tra cui Gertrude Abercrombie, Dorothea Tanning, Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage e Remedios Varo – Lucia trovò nel Surrealismo degli anni Quaranta una voce per esprimere una visione del mondo alternativa.

Mentre il lirismo onirico del lavoro di Lucia può evocare quello di Marc Chagall, lei esprimeva un’esuberante gioia di vivere nel momento presente, in contrasto con il frequente rifugio di Chagall nella memoria e nel desiderio spirituale. “Dipingere è il tuo riflesso”, affermò Lucia. “È una calligrafia, un discorso personale. Dipingo perché devo dipingere e questo è il mio unico modo di scrivere poesia”. Questa ideologia traspare in opere come Jungle Path, in cui creature simili a tigri e volti umani crescono all’interno di un denso paesaggio tropicale. Un leone dagli occhi spalancati fissa lo spettatore, evocando il leone de Il Sogno di Henri Rousseau, ma qui la creatura non minaccia; piuttosto, invita lo spettatore a entrare in uno spazio mistico dove i confini tra umano, natura e ambiente si dissolvono, rifiutando simbolicamente le gerarchie che sostengono le strutture patriarcali.

Il tema dominante di Lucia era la libertà, espressa attraverso l’immediatezza, il cambiamento e il movimento, e una fusione tra il figurativo e il decorativo. Quest’ultima la ottenne mescolando tradizioni orientali e occidentali in motivi dinamici e piatti che fanno riferimento sia all’arte islamica e bizantina sperimentata nella sua giovinezza in Medio Oriente, sia al suo background nel design tessile. Le sue opere degli anni della guerra riflettono non solo la sua fuga dall’Europa, ma anche una più ampia meditazione sulla resistenza dell’umanità all’oppressione. Negli ultimi anni Quaranta, Lucia utilizzò spesso l’architettura come struttura compositiva. In Invaded City, le mura di una città europea appaiono ricoperte di graffiti floreali e geometrici, mentre spiriti volano sopra di esse. In Everyone Was a Church Within Himself, Lucia raffigurò la facciata o le cappelle di una chiesa moresco-barocca, con donne che occupano ogni santuario e arcata, suggerendo una visione di spiritualità individuale all’interno di un’umanità universale e immaginando un nuovo pantheon tutto al femminile.

La biografia di Lucia è altrettanto affascinante quanto la sua arte. Dopo un breve matrimonio precoce e la nascita di un figlio, lasciò Beirut per Parigi. Lì, si immerse nella vibrante scena artistica, incontrando Picasso e Léger. Determinata a intraprendere una carriera artistica, studiò in un’accademia parigina e visitò musei con il pittore fauvista André Derain, che divenne suo mentore. Dopo essersi mantenuta inizialmente come sarta, divenne una designer di tessuti e costumi di successo, giocando un ruolo formativo nel lancio dell’atelier parigino di Elsa Schiaparelli. Con l’incombere della guerra, emigrò negli Stati Uniti, accompagnata da Léger.

Al suo arrivo, lei e Léger soggiornarono nella tenuta della famiglia di Sara Murphy a East Hampton, dove Lucia avrebbe continuato a trascorrere le estati. La sua casa ad Amagansett, acquistata e ristrutturata insieme al suo terzo marito, l’artista e inventore Roger Wilcox, divenne un luogo di ritrovo per gli artisti di East Hampton, attratti dall’atmosfera da salotto che Lucia sapeva creare e dalla sua rinomata cucina, in cui fondeva sapori libanesi e parigini.

Negli anni Cinquanta, Lucia si rivolse all’astrazione, creando dipinti gestuali nell’idioma dell’Espressionismo Astratto, influenzata dalle sue amicizie con artisti come Pollock e de Kooning. Con pennellate taglienti, segni calligrafici e colore macchiato, estese i suoi temi centrali di immediatezza spirituale e libertà espressiva.

Dopo essere diventata quasi completamente cieca, Lucia adattò la sua pratica, lavorando con l’inchiostro anziché con l’olio. Dimostrando una resilienza caratteristica, dichiarò a un giornalista: “Vedo meglio di chiunque altro. Ho eliminato tutti i dettagli. La mia mente è libera da interferenze. Non ho distrazioni”. Queste opere furono presentate nella sua ultima mostra personale durante la sua vita.

Il lascito di Lucia Wilcox è quello di “una singolare realizzazione di un’artista donna che ha lavorato seguendo un suo percorso distinto, pur rimanendo in pieno contatto con i potenti movimenti artistici e le personalità artistiche del ventesimo secolo”. Tra i collezionisti delle sue opere figurano nomi come Léger, Sara Murphy, Sidney Janis e il critico d’arte Harold Rosenberg.

La mostra “Lucia Wilcox: LUCIA” sarà ospitata dalla Berry Campbell Gallery di New York. L’inaugurazione è prevista per il 22 maggio 2025 e la mostra proseguirà fino al 28 giugno 2025. Un ricevimento si terrà giovedì 29 maggio 2025, dalle 18:00 alle 20:00. L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo illustrato con un saggio della studiosa indipendente Lisa N. Peters, PhD. Gli orari della galleria sono dal martedì al sabato, dalle 10:00 alle 18:00, o su appuntamento. L’annuncio di questa prima mostra dedicata all’opera di Lucia Wilcox da parte della galleria segue la notizia della rappresentanza del suo patrimonio artistico.

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