FRAMERATE: Desert Pulse mappa un anno di cambiamenti sottili nel Deserto di Sonora

Al Desert Botanical Garden, ScanLAB Projects trasforma il time-lapse 3D in un ritratto su larga scala di un paesaggio vivo

Installation view of FRAMERATE: Desert Pulse. Courtesy of the artist.
Lisbeth Thalberg
Lisbeth Thalberg
Giornalista e artista (fotografo). Redattore della sezione arte di MCM.

Il Desert Botanical Garden presenta FRAMERATE: Desert Pulse, una nuova installazione dello studio britannico ScanLAB Projects che registra, nell’arco di dodici mesi, trasformazioni quotidiane e spesso impercettibili a Phoenix e nell’ampio Deserto di Sonora. Grazie a tecniche di scansione 3D sviluppate internamente, il progetto intreccia arte, osservazione ambientale e paesaggi sonori per rendere visibili processi che, alla scala umana, tendono a sfuggire allo sguardo. Il Giardino inquadra la commissione come al tempo stesso documentazione e esperienza pubblica: un registro in evoluzione dei ritmi del deserto e un invito a rivolgere un’attenzione paziente a un ecosistema fragile.

La mostra si sviluppa tra cactus e sentieri con quattro opere monumentali su schermi spazializzati all’aperto, affiancate da una presentazione multischermo all’interno della RAF Exhibit Gallery. Le partiture sonore di Pascal Wyse ancorano un linguaggio visivo che combina nuvole di punti, fotografia, sequenze in time-lapse e audio spaziale. I visitatori incontrano un mosaico di fenomeni — dai cicli di fioritura agli spostamenti dei sedimenti, fino alle fasi di rigenerazione — tradotti in immagini e suono. L’attenzione privilegia l’osservazione rispetto all’effetto spettacolare, invitando a cogliere i piccoli scarti con cui un territorio scrive il tempo.

Desert Pulse amplia la serie FRAMERATE di ScanLAB. Per questa iterazione, lo studio impiega un metodo proprietario di scansione 3D in time-lapse, basato su tecnologia LiDAR, per registrare gli stessi siti a intervalli regolari nell’arco di un anno. Il dataset risultante, raccolto in condizioni coerenti e da punti di vista replicabili, mette in evidenza micro-variazioni nella struttura del paesaggio e nell’attività superficiale che la fotografia convenzionale o l’osservazione breve non colgono. Tornando periodicamente in diversi punti di Phoenix e del Deserto di Sonora, il team compone un racconto “fotogramma per fotogramma” del cambiamento lento e cumulativo, reso leggibile alla scala dell’installazione.

La scala del progetto è rilevante. Il Giardino definisce Desert Pulse la puntata più ambiziosa della serie finora, estesa a una rete di siti desertici e presentata in dispositivi di dimensione architettonica. Produzione e logistica rientrano a pieno titolo nel racconto: la squadra di rilievo utilizza veicoli elettrici Rivian R1T per raggiungere quindici località al giorno, allineando il lavoro sul campo a una strategia condivisa di sostenibilità. La partnership valorizza la riduzione delle emissioni e una responsabilità ambientale di lungo periodo, integrando scelte operative nella logica stessa dell’opera.

La sostenibilità è affrontata in modo esplicito lungo il percorso espositivo. Una presentazione di accompagnamento, “Making Desert Pulse”, illustra come ScanLAB e il Giardino abbiano monitorato e mitigato l’impatto del progetto nelle fasi di acquisizione, allestimento ed esposizione. Gli organizzatori indicano una proiezione di 140,64 tCO2e di emissioni totali e affermano che, grazie a misure di riduzione e compensazione, l’opera sarà certificata “carbon neutral”. Rendendo trasparente il proprio processo produttivo, il progetto estende la sua etica documentaria all’analisi della propria impronta.

La programmazione pubblica amplia il focus su osservazione e luogo. In parallelo alla mostra, il Giardino propone attività dedicate a narrazioni di comunità, field sketching e journaling, focus su artisti emergenti, studi fotografici sul tempo nel deserto e cicli di conversazioni. Appuntamenti come “Barflies Presents: Rooted: Voices of Our Community”, “Nature Journaling: Sketching through Time”, “Desert Studio: Emerging Artists Series”, “Seeing Time Series: A Photographer’s Journey through Change in the Sonoran Desert”, “Desert Views: A Conversation Series” e le serate “Pulse Parties” offrono molteplici punti di accesso. Tutti condividono la stessa domanda che muove l’opera: come osservare e discutere cambiamenti graduali ma determinanti.

ScanLAB Projects — guidato da Matt Shaw e William Trossell — è riconosciuto a livello internazionale per portare gli strumenti della visione artificiale al servizio di finalità estetiche e documentarie. La pratica dello studio ruota attorno a un vocabolario distintivo di nuvole di punti e a un interesse continuativo per il modo in cui la tecnologia può rendere visibili bellezza, fragilità e resilienza degli ambienti. I lavori precedenti spaziano dalla documentazione di ex campi di concentramento e dello scioglimento dei ghiacci artici alla creazione di archivi spaziali di luoghi culturali come l’ufficio di Stephen Hawkingun inventario continuo di spazi e processi esposti al rischio di perdita o fraintendimento. Il filo rosso è la traduzione di dinamiche complesse, spesso invisibili, in forme accessibili al pubblico.

Il team è volutamente interdisciplinare e riunisce architetti, artigiani, fotografi, ingegneri, documentaristi e sviluppatori di software. Collaborazioni con coreografi, musicisti, scrittori, tecnologi, climatologi e partner accademici consentono allo studio di muoversi tra il museo e altre sfere pubbliche — performance, giornalismo, mediazione ambientale. Le loro opere sono state presentate alla Royal Academy (Regno Unito), al LACMA (Stati Uniti), alla Biennale di Venezia (Italia), al Louisiana Museum of Modern Art (Danimarca), al Barbican (Regno Unito), a The Photographers’ Gallery (Regno Unito), alla STRP Biennial (Paesi Bassi), a Espacio Fundación Telefónica (Spagna), al Southbank Centre (Regno Unito), allo Science Museum (Regno Unito), al New Museum (Stati Uniti), a CPH:DOX (Danimarca), a SXSW (Stati Uniti), al Berliner Ensemble (Germania) e a Tribeca (Stati Uniti). Tra i collaboratori figurano Danny Boyle, Greenpeace, Apple, MIT, Forensic Architecture e l’Università di Cambridge.

Il Desert Botanical Garden è un contesto particolarmente adatto per un progetto incentrato sulle ecologie desertiche. L’istituzione dispone di cinque sentieri tematici e di una collezione viva di circa 50.000 piante, con un’attenzione costante al Deserto di Sonora. Oltre a iniziative di conservazione e ricerca, il Giardino produce mostre, eventi stagionali e programmi educativi per pubblici diversi. Collocare FRAMERATE: Desert Pulse tra saguari e cholla, invece che in un white cube tradizionale, ribadisce l’idea che soggetto e sito siano inscindibili. La collocazione nel cuore di una collezione viva invita a mettere in relazione le temporalità delle immagini con le piante e il terreno circostante.

Le informazioni pratiche sono essenziali. Il Giardino segnala che biglietti e dettagli sono disponibili sul sito, evidenziando l’interesse dell’iniziativa per chi segue arte e design, per chi si occupa di cambiamento ambientale e visualizzazione dei dati, e per i residenti che desiderano rileggere in modo diverso un territorio familiare. La struttura della mostra — schermi diffusi all’aperto e visione concentrata negli spazi interni — favorisce visite ripetute e incontri differenziati, in linea con il metodo cumulativo del progetto.

In definitiva, FRAMERATE: Desert Pulse propone un modo di vedere: non un’unica veduta panoramica del deserto, ma una sequenza — un libro mastro di piccole perdite e guadagni iscritti nel tempo. Presentando questo libro mastro alla scala dell’esperienza umana, il Giardino e ScanLAB Projects mostrano il Deserto di Sonora come un luogo di cambiamento costante, leggibile e meritevole di attenzione continuativa, integrando al contempo la produzione dell’opera nella discussione su impatto e responsabilità verso il territorio.

Sede e date: Desert Botanical Garden, 1201 N Galvin Pkwy, Phoenix, AZ 85008 — 11 ottobre 2025 – 10 maggio 2026.

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