Il progetto Knives Out di Rian Johnson ha sempre funzionato come un barometro sociologico travestito da gioco di società. Se il film inaugurale, Cena con delitto – Knives Out, dissezionava la nostalgia rancida dei vecchi soldi e dell’aristocrazia americana, e Glass Onion – Knives Out satirizzava la trasparenza vacua della classe dei “disruptor” tecnologici, il terzo capitolo, Wake Up Dead Man – Knives Out, volge lo sguardo verso un’istituzione più antica e opaca: la chiesa. Arrivando sui nostri schermi senza il massimalismo baciato dal sole del suo predecessore, quest’ultimo ingresso offre una meditazione più fredda e austera sull’intersezione tra divinità, inganno e la natura transazionale della fede moderna. È un film che scambia i vasti panorami della Grecia per l’aria claustrofobica e carica d’incenso di una parrocchia nel nord dello stato di New York, sostituendo il consueto estro della scatola cinese con una pesantezza gotica che rasenta il funereo.
L’architettura narrativa di Wake Up Dead Man – Knives Out aderisce alle unità classiche del genere pur sovvertendone le aspettative tonali. Veniamo introdotti nella remota e insulare parrocchia di Nostra Signora della Perpetua Fortezza, una comunità tenuta in pugno non dalla grazia spirituale, ma dalla formidabile personalità di Monsignor Jefferson Wicks. Il film pone la chiesa non come un santuario, ma come una fortezza ideologica, un “sistema chiuso” di credenze che rispecchia il mistero della “camera chiusa” al suo centro. Quando Wicks viene scoperto morto — pugnalato alla schiena all’interno di un ripostiglio blindato durante un servizio del Venerdì Santo — la pellicola avvia un procedurale che riguarda meno la meccanica del crimine e più l’autopsia di una comunità che si avvelena con i propri miti. L’arma del delitto stessa — un coltello ricavato da un ornamento di una lampada a forma di testa di diavolo — sottolinea il taglio satirico del film, giustapponendo l’ambientazione sacra a uno strumento di violenza profano.
Questo è il capitolo più oscuro della trilogia, sia visivamente che tematicamente. Johnson, lavorando con il suo direttore della fotografia di lunga data Steve Yedlin, ha spogliato il franchise della vivacità pop-art che ne definiva l’estetica precedente. Al suo posto c’è una tavolozza di blu gelidi, grigi e ombre profonde, un linguaggio visivo che deve più alla tradizione gotica che al confortevole giallo classico. Il film è descritto come un’opera in cui l’illuminazione è protagonista, utilizzando un approccio teatrale alla luce che rispecchia la volatilità emotiva dei personaggi. Ispirati dalle condizioni atmosferiche del Colorado, dove nuvole veloci possono alterare istantaneamente la luce in una stanza, Yedlin e Johnson hanno ideato un sofisticato sistema di controllo dell’illuminazione per il set della chiesa. Ciò ha permesso loro di “suonare i cambi di luce come se fosse musica”, variando il tono visivo in tempo reale durante le riprese per riflettere la natura instabile della realtà dei personaggi.
Il detective in tono minore
Il ritorno di Benoit Blanc è segnato da un netto cambiamento di comportamento. Il “Gentleman Detective” interpretato da Daniel Craig si è liberato delle eccentricità più sgargianti e comiche che caratterizzavano le sue apparizioni precedenti. Sono spariti gli incessanti colloquialismi del sud e le maniere fintamente ingenue che spesso disarmavano i suoi avversari. In Wake Up Dead Man – Knives Out, Blanc presenta una figura di maggiore gravità e malinconia. Vestito con un abito a tre pezzi elegantemente sartoriale e con un taglio di capelli più lungo e trascurato, si muove attraverso la narrazione con una stanchezza che suggerisce come il peso delle indagini precedenti abbia iniziato ad accumularsi.
La presenza di Blanc in questo ambiente religioso crea un attrito immediato. Come ateo, il suo arrivo nella parrocchia rappresenta l’intrusione del razionalismo secolare in uno spazio governato dall’affermazione mistica. Il film inquadra la sua indagine come uno “scontro culturale di visioni del mondo”, contrapponendo la fiducia del detective nella logica e nelle prove a una comunità che privilegia la fede e la lealtà dogmatica. Tuttavia, la sceneggiatura complica questo binomio; Blanc non è semplicemente lo scettico razionale che smantella le superstizioni dei fedeli. Invece, è costretto a confrontarsi con uno “straordinario incontro con la Resurrezione stessa”, un punto della trama che sfida la sua comprensione materialista del mondo. Il detective si trova a navigare in un labirinto di “fede, paura e inganno”, dove la verità è oscurata non solo dalle bugie, ma dalle convinzioni sincere, seppur fuorviate, dei sospettati.
Strutturalmente, Blanc cede un terreno significativo al protagonista secondario del film, Padre Jud Duplenticy. Questa scelta narrativa decentralizza il detective, spostandolo da onnisciente risolutore di enigmi a facilitatore di una resa dei conti morale. Verso la conclusione del film, Blanc sovverte l’aspettativa del genere della “rivelazione in salotto”. Piuttosto che pronunciare il tradizionale monologo trionfale che espone l’assassino e ripristina l’ordine attraverso la giustizia punitiva, Blanc sceglie di farsi da parte. Permette una risoluzione che favorisce la confessione e la misericordia, un perno tematico che allinea l’arco del detective con l’esplorazione del film sul perdono rispetto alla vendetta.
La vittima come tiranno
Il cadavere al centro del mistero è Monsignor Jefferson Wicks, interpretato da Josh Brolin con un’aggressività tonante da maschio alfa. Wicks è l’antitesi del pastore benevolo; è un “feroce maschio alfa clericale” che utilizza il pulpito per trasmettere opinioni reazionarie e mantenere una stretta mortale sulla sua congregazione. L’interpretazione di Brolin è caratterizzata da una certezza terrificante, incarnando un “tiranno ubriaco” che governa attraverso la paura e lo sfruttamento della rabbia dei suoi parrocchiani.
Il personaggio di Wicks serve come critica alla “militarizzazione della fede”. Viene dipinto come un uomo che costruisce muri intorno alla sua comunità, favorendo una “mentalità da fortezza” che vede il mondo esterno come un combattente ostile. Questo non è un uomo di Dio, ma un uomo di potere, la cui autorità deriva da un’eredità di avidità. Il film rivela che Wicks è il nipote del reverendo Prentice Wicks, una figura che assicurò la posizione della famiglia attraverso la coercizione e la promessa di un’eredità — un diamante — che successivamente svanì. La leadership di Jefferson Wicks è definita da questa storia di ossessione materiale; è un uomo che “sfrutta la rabbia dei suoi fedeli” per mantenere il proprio status.
La sua morte, quindi, è inquadrata non come una tragedia ma come una necessaria liberazione. È un “pastore splendidamente assassinabile”, una figura la cui rimozione infrange la santità del servizio domenicale ma rompe anche l’incantesimo che manteneva sulla comunità. L’indagine rivela infine una vittima secondaria in un macabro tableau: lo “scontento” medico della città, Nat Sharp (Jeremy Renner), viene scoperto accanto a Wicks, con il corpo che si dissolve in una vasca di acido. Questo dettaglio macabro spinge il film in un territorio più oscuro e viscerale, sottolineando la corruzione fisica che accompagna il marciume spirituale della parrocchia.
Il sospettato penitente
Il nucleo emotivo di Wake Up Dead Man – Knives Out risiede in Padre Jud Duplenticy, interpretato da Josh O’Connor. Un “giovane prete dolce e riflessivo” ed ex pugile, Jud si erge come contraltare alla tossicità maschile di Wicks. L’interpretazione di O’Connor è uno studio sulla disperazione silenziosa e sulla “sincera devozione religiosa”, ancorando gli elementi assurdisti del film a una genuina fragilità emotiva.
Jud viene introdotto come il principale sospettato. Ha una storia di violenza, essendosi “riformato dopo aver ucciso un uomo in un incontro”, ed è stato registrato mentre minacciava di “estirparlo dalla chiesa come un cancro” a causa degli atteggiamenti spietati del Monsignore. Nonostante le prove schiaccianti, incluso il fatto che l’arma del delitto sia stata ricavata da un ornamento che Jud aveva rubato, Blanc recluta il prete per assisterlo nelle indagini. Questa partnership forma la dinamica centrale del film: il detective ateo e il sospettato devoto, uniti dal desiderio di verità ma divisi dalla loro comprensione della sua fonte.
L’arco del personaggio è definito da un momento di “folgorazione sulla via di Damasco”: una scena telefonica cruciale che coinvolge il personaggio di Louise, interpretata da Bridget Everett. Questa sequenza, descritta da Johnson come il “cuore del film”, funge da punto di svolta spirituale. In essa, a Jud viene ricordata la sua vera vocazione, spostando la sua attenzione dal “gioco” del mistero al dovere pastorale della cura. O’Connor ritrae un uomo che si “sgretola sotto la pressione dei segreti e del sospetto”, e la sua eventuale rivincita e offerta di misericordia alla parte colpevole forniscono al film la sua tesi etica: che la giustizia senza grazia è semplicemente un’altra forma di violenza.
La congregazione dei sospettati
Attorno alle figure centrali c’è un “gregge di irriducibili”, un cast corale che incarna varie sfaccettature della decadenza istituzionale e della disperazione personale. I sospettati sono legati a Wicks da una complessa rete di paura, fede e dipendenza finanziaria, creando una “formazione esilarantemente fumettistica” che tuttavia rappresenta uno spaccato delle ansie americane.
Martha Delacroix, interpretata da Glenn Close, è la “devota dama di chiesa” e il “braccio destro” di Wicks. Il suo personaggio rappresenta il pericolo della lealtà acritica. È una donna “ferocemente leale” al Monsignore, che impone la sua volontà con un fanatismo che rasenta il patologico. La sua relazione con Samson Holt, il “circospetto giardiniere” interpretato da Thomas Haden Church, aggiunge uno strato di intimità illecita alla parrocchia. Holt, una figura imponente adorata da Martha, opera ai margini, il suo silenzio maschera una profonda complicità nei segreti della parrocchia.
La dimensione politica della narrazione è sviluppata da Andrew Scott e Kerry Washington. Scott interpreta Lee Ross, un “autore di bestseller” e “romanziere di fantascienza fallito” che si è rivolto a Dio ma conserva una rabbia latente verso i “media liberali”. Il suo personaggio satirizza l’intellettuale che adotta la fede come scudo contro l’irrilevanza culturale. Washington interpreta Vera Draven, Esq., un “avvocato molto teso” e madre adottiva di Cy Draven, interpretato da Daryl McCormack. Cy è un “aspirante politico” e “influencer trumpiano”, ancorando esplicitamente il film nel panorama politico contemporaneo del “Trump II”. Il suo personaggio rappresenta il cinismo della nuova destra, utilizzando l’estetica della fede per promuovere un’ambizione secolare.
Mila Kunis appare nei panni del capo della polizia Geraldine Scott, la rappresentante della legge e dell’ordine locale. Le sue interazioni con Blanc sono definite dall’attrito; si oppone al reclutamento di Jud e tenta di arrestare il prete prima che la verità venga rivelata. Serve come ostacolo burocratico, una forza che cerca di chiudere il caso rapidamente piuttosto che correttamente. Cailee Spaeny completa il cast come Simone Vivane, una “ex violoncellista da concerto disabile” che affronta un dolore cronico, la cui immobilità fisica contrasta con le manovre frenetiche degli altri sospettati.
La liturgia sonora
La colonna sonora, composta da Nathan Johnson, agisce come un parallelo sonoro all’oscurità visiva del film. Descritta come un “braccio di ferro tra bruttezza e bellezza”, la musica inizia con il “suono di unghie sulla lavagna” di violinisti che raschiano i loro archetti contro le corde, una trama dissonante che evoca l’attrito del crimine. Man mano che la narrazione procede, la partitura si risolve in un “tono puro”, rispecchiando il movimento dal caos all’ordine.
Johnson utilizza “strumenti rotti” e tecniche non convenzionali per creare un'”atmosfera spettrale”. I clarinetti bassi sono manipolati per suonare come “ragni che zampettano”, e un armonio rotto fornisce “rantoli sibilanti” che assomigliano a una “vecchia nave scricchiolante”. Questi dettagli sonori ancorano il film in una trama di decadenza. Tracce come “The Confession (Violin Concerto in G Minor)” e “Requiem” suggeriscono una struttura liturgica classica, rafforzando l’ambientazione religiosa mentre ne sovvertono la solennità con i suoni grotteschi dell’orchestra “rotta”.
Il verdetto
Wake Up Dead Man – Knives Out è un’opera di grande ambizione e rischio tonale. Espande con successo la portata dell’universo di Rian Johnson mentre ne approfondisce la complessità morale. È una “scatola di cioccolatini” di film: stratificata e invitante, ma che possiede un centro oscuro e amaro. Spostando Benoit Blanc nello “sfondo gotico” di una parrocchia spiritualmente in bancarotta, Johnson ha eliminato il glamour dei capitoli precedenti per rivelare le “persone disordinate con ferite reali” che vi si celano sotto.
Mentre la natura “bizzarramente contorta” del mistero potrebbe alienare coloro che cercano la precisione da orologio svizzero del primo film, la pellicola trionfa come una “meditazione sulla fede, la colpa e i miti che raccontiamo a noi stessi”. Dimostra che anche in un genere definito dalla morte, c’è spazio per una storia sulla possibilità di una nuova vita. È un film che chiede se la “confessione” sia semplicemente una performance o un atto genuino di contrizione, e se il ruolo del detective sia punire il peccatore o comprendere il peccato.
Informazioni sull’uscita
Il film ha debuttato nei cinema il 26 novembre 2025 e sarà disponibile in streaming su Netflix dal 12 dicembre 2025.

