La tanto attesa serie di sette episodi, The Ba**ds of Bollywood, ha debuttato oggi a livello globale sulla piattaforma di streaming Netflix, segnando l’esordio alla regia e alla sceneggiatura di Aryan Khan. Ambientata sullo sfondo scintillante e spesso tumultuoso dell’industria cinematografica hindi, la serie si presenta come un dramma satirico, una “commedia sulla mecca del cinema” che analizza i meccanismi della fama, dell’ambizione e della cultura stessa della celebrità nell’India contemporanea. Sviluppata e girata con il titolo provvisorio di Stardom, il suo titolo finale, più provocatorio, segnala una chiara intenzione di avviare una conversazione audace e critica sull’industria che ritrae. La serie si impone come un oggetto culturale di rilievo, non solo per il suo contenuto narrativo ma per il suo contesto di produzione unico. Essendo un progetto che esplora tematicamente l’insularità e il nepotismo del settore, la sua creazione da parte di uno dei più importanti rampolli dell’industria, prodotto dalla potente casa di produzione della sua famiglia e con la partecipazione di una costellazione di loro pari, posiziona la serie come un atto di meta-commento senza precedenti. La realizzazione stessa di The Ba**ds of Bollywood è parte integrante del suo testo tanto quanto la narrazione sullo schermo, trasformando la produzione stessa in una performance di critica dall’interno. Sfrutta gli strumenti, l’accesso e i privilegi del sistema per decostruire quello stesso sistema, creando un’analisi paradossale e profondamente autoconsapevole di Bollywood dal suo interno.
Dietro la macchina da presa: l’architettura creativa
Al timone del progetto c’è Aryan Khan, che funge da creatore, showrunner, sceneggiatore e regista, stabilendo una singolare voce autoriale sulla serie. Il suo debutto è contestualizzato da una formazione accademica in arti cinematografiche; possiede una laurea in Belle Arti in produzione cinematografica e televisiva presso la USC School of Cinematic Arts dell’Università della California del Sud. Questo background accademico in teoria del cinema classica e contemporanea fornisce un quadro critico che informa l’approccio autoriflessivo e decostruttivo della serie. La sua precedente esperienza di regia include uno spot pubblicitario per il suo marchio di lusso, che vedeva anche la partecipazione di suo padre, l’attore Shah Rukh Khan. La serie è frutto di uno sforzo di scrittura collaborativo, con Khan che condivide i crediti di co-creatore e co-sceneggiatore con Bilal Siddiqui e Manav Chauhan. Siddiqui è un affermato romanziere e sceneggiatore con un rapporto preesistente sia con la casa di produzione che con la piattaforma di streaming, avendo precedentemente creato e adattato il suo romanzo di spionaggio Bard of Blood in una serie per Netflix, prodotta da Red Chillies Entertainment. Il suo lavoro letterario, che esplora spesso le dinamiche nascoste di mondi chiusi come l’industria cinematografica in romanzi come The Stardust Affair, lo rende un collaboratore tematicamente allineato. La produzione è sostenuta dalla formidabile etichetta di Shah Rukh Khan e Gauri Khan, Red Chillies Entertainment, sottolineando il significativo supporto istituzionale dietro il debutto. Questa struttura di leadership creativa rappresenta una fusione unica di capitale culturale: l’eredità e l’accesso impareggiabile all’industria della famiglia Khan, combinati con il linguaggio cinematografico formale e globalizzato acquisito da un’istituzione prestigiosa come la USC. Questa miscela permette al progetto di essere sia intimamente familiare con i codici culturali specifici di Bollywood, sia di analizzarli da una prospettiva più informata teoricamente e distaccata.

Trama e premessa: navigare nel mondo della celebrità
Il nucleo narrativo di The Ba**ds of Bollywood segue la traiettoria di Aasmaan Singh, un ambizioso nuovo arrivato nell’industria cinematografica interpretato da Lakshya Lalwani. La trama traccia il suo viaggio attraverso il mondo labirintico di Bollywood, mentre affronta la complessa interazione di fama, ego, gelosia professionale e le sfide artistiche ed emotive quotidiane inerenti alla vita di un attore. La serie è strutturata come una saga audace che funge da parodia del processo stesso di fare cinema, impiegando un umorismo autoironico per esaminare le percezioni del pubblico sull’industria, esagerandole a scopo satirico. Questa lente satirica viene applicata attraverso una duplice strategia narrativa, una miscela di “amore e guerra” con l’industria. La serie decostruisce simultaneamente i classici cliché di Bollywood celebrando al contempo il “caos stilizzato del masala” che definisce la tradizione cinematografica. Un livello significativo di questa intertestualità è il parallelo narrativo tra il protagonista di finzione — un giovane di Delhi con grandi ambizioni — e la nota storia delle origoli nella vita reale di Shah Rukh Khan. Sebbene la serie non sia esplicitamente un biopic, incorpora elementi tematici e spunti tratti dalla sua carriera, creando un ricco sottotesto di omaggio e riflessione. Questa scelta narrativa è particolarmente complessa, poiché impiega il mito fondante di Bollywood dell’ “outsider che ce la fa”. Inquadrando questa storia attraverso la prospettiva di un insider per eccellenza e basandola sull’ “outsider” di maggior successo dell’industria, la serie si riappropria e interroga lo stesso cliché che utilizza. Solleva domande sulla definizione di “outsider” in un’industria dinastica ed esplora l’ironia di come l’outsider trionfante di una generazione possa diventare il fondamento dell’establishment della generazione successiva.
Il cast: un mix di nuovi talenti e veterani dell’industria
La serie è ancorata a un cast principale di attori che rappresentano vari archetipi del settore. Lakshya Lalwani è il protagonista, l’aspirante Aasmaan Singh, che incarna la lotta dell’outsider. L’attore veterano Bobby Deol interpreta Ajay Talvar, un potente e affermato “titano di Bollywood”, che funge da personificazione della vecchia guardia dell’industria. Sahher Bambba interpreta la protagonista femminile, che è anche la figlia del personaggio superstar di Deol, introducendo una narrazione diretta da “figlia d’arte” che permette alla serie di esplorare temi di privilegio e lignaggio dall’interno della trama. Il cast principale è completato da un forte gruppo di supporto che include Mona Singh, Raghav Juyal, Anya Singh, Manoj Pahwa e Gautami Kapoor, che popolano questo ecosistema fittizio di Bollywood. Una caratteristica distintiva della serie è il suo uso estensivo e strategico di camei di alto profilo, un espediente che eleva lo spettacolo oltre la semplice finzione a un meta-commento sull’industria reale. Una formidabile lista delle figure più riconoscibili di Bollywood appare in versioni romanzate di se stesse, tra cui Shah Rukh Khan, Salman Khan, Aamir Khan, Ranbir Kapoor, Ranveer Singh e il regista Karan Johar, tra molti altri. Queste apparizioni hanno un duplice scopo. Narrativamente, creano un potente senso di verosimiglianza, confondendo i confini tra il mondo dello show e il vero Bollywood, ancorando così la satira a una realtà tangibile. A livello industriale, la capacità di riunire un tale elenco senza precedenti di talenti di primo piano è una potente dimostrazione del capitale culturale e sociale esercitato dal team di produzione. Ogni cameo funge da riconoscimento implicito delle stesse strutture di potere e delle reti di insider che la serie pretende di criticare, rafforzando la meta-narrazione che si tratta di uno spettacolo sul cerchio ristretto di Bollywood, reso possibile solo da quello stesso cerchio ristretto.
Linguaggio cinematografico: creare un Bollywood iperreale
L’esecuzione tecnica di The Ba**ds of Bollywood è parte integrante delle sue ambizioni tematiche. La serie impiega un’estetica di alta produzione, caratterizzata da una fotografia patinata e vibrante e da inquadrature colorate che evocano consapevolmente il linguaggio visivo del cinema hindi mainstream. La mise-en-scène è deliberatamente elaborata, con ambienti meticolosamente ricreati come scintillanti tappeti rossi, cerimonie di premiazione costellate di stelle e opulenti set cinematografici, creando una versione iperreale del mondo del cinema. Questo stile visivo ricorda l’approccio cinematografico autoreferenziale e “meta” di registi come Farah Khan, dove la forma stessa è un commento sulla grandiosità dell’industria. Il ritmo della serie è guidato da uno stile di montaggio dinamico che utilizza rapidi flash e sequenze d’azione incisive per creare un ritmo ad alta energia, costruendo un crescendo nei momenti chiave per massimizzare il coinvolgimento. Anche il sound design è una componente degna di nota, segnato dalla distinta somiglianza vocale tra Aryan Khan e suo padre, Shah Rukh Khan — un’eco uditiva che aggiunge un altro strato di risonanza intergenerazionale al progetto. Inoltre, la serie presenta una colonna sonora prominente e robusta, con canzoni originali composte da talenti di spicco del settore come Anirudh Ravichander e Shashwat Sachdev, e con le voci di cantanti di primo livello come Arijit Singh. Queste scelte estetiche non sono meramente decorative; costituiscono una parte centrale dell’argomentazione della serie. Abbracciando il linguaggio cinematografico raffinato e ad alto budget dell’industria che satireggia, la serie evita deliberatamente un’estetica cruda e realista. Si immerge invece completamente nel vernacolo di Bollywood per criticarlo dall’interno, esprimendo la sua satira nella stessa lingua del sistema sotto esame.
Una dichiarazione autoriflessiva
The Ba**ds of Bollywood emerge come più di una semplice serie narrativa; è una dichiarazione culturale complessa e stratificata il cui contesto di produzione, le preoccupazioni tematiche e le scelte estetiche sono indissolubilmente legate. Si pone come un’opera significativa di una nuova generazione di registi nati e cresciuti all’interno dell’establishment dell’industria, riflettendo un potenziale cambiamento di prospettiva dal semplice perpetuare un’eredità all’interrogarla attivamente. La serie sfrutta l’immenso privilegio dell’accesso dall’interno non per creare un’agiografia, ma per costruire un’opera di autocritica istituzionale. In definitiva, The Ba**ds of Bollywood si presenta come un commento definitivo sull’industria cinematografica hindi contemporanea — un ritratto paradossale, rivelatore e profondamente autoconsapevole, offerto con l’autorità e la prospettiva uniche che solo un vero insider potrebbe comandare. È un testo che è contemporaneamente un prodotto e un commento sulla natura stessa della celebrità nella Bollywood moderna.
Dove guardare “The Ba**ds of Bollywood”