Il mio anno a Oxford di Netflix: Uno studio sull’ambizione e l’elegia

29/07/2025 - 06:49 EDT
Il mio anno a Oxford - Netflix
Il mio anno a Oxford - Netflix

Con la sua anteprima sul servizio di streaming Netflix, Il mio anno a Oxford si presenta come un dramma romantico che esplora il terreno già battuto dell’amore e della perdita, sullo sfondo storico del mondo accademico britannico. Prodotto da Temple Hill Entertainment, una società con un notevole portfolio di narrazioni emotivamente risonanti, il film racconta lo scontro tra due vite: quella di Anna De La Vega (Sofia Carson), un’ambiziosa studentessa americana, e quella di Jamie Davenport (Corey Mylchreest), il suo carismatico ma tormentato tutor di letteratura. La genesi del film è insolitamente circolare: è un adattamento dell’omonimo romanzo di Julia Whelan, che a sua volta è stato adattato da una sceneggiatura originale di Allison Burnett. Burnett ritorna come co-sceneggiatore per questa versione cinematografica, completando un raro viaggio dallo schermo alla pagina e di nuovo allo schermo. Il progetto è diretto dal candidato ai BAFTA Iain Morris, un regista il cui background nella commedia suggerisce una strategia tonale deliberata, e forse inaspettata, per il materiale.

L’architettura narrativa: amore, ambizione e l’imprevisto

La sceneggiatura, firmata da Burnett e Melissa Osborne, costruisce una dialettica centrale tra l’ambizione iper-strutturata di Anna e l’intrusione caotica dell’amore e della mortalità. Il classico tropo dell’«anno all’estero» funge da crogiolo narrativo. Anna arriva a Oxford con una borsa di studio Rhodes per realizzare un sogno d’infanzia, un obiettivo che persegue parallelamente a un impegnativo lavoro a distanza per la campagna presidenziale di una stella nascente negli Stati Uniti. Questo doppio focus la definisce come un personaggio caratterizzato dalla pianificazione a lungo termine. La traiettoria della narrazione viene irrevocabilmente alterata dalla rivelazione del segreto che cambia la vita di Jamie: una malattia terminale che trasforma il film da una semplice storia d’amore a un dramma elegiaco. Questo costringe Anna ad affrontare una decisione impossibile tra il futuro che ha meticolosamente progettato e il legame profondo, sebbene finito, che ha scoperto. Il materiale originale accenna anche a una spaccatura tra Jamie e il suo ricco padre, una sottotrama che probabilmente aggiungerà un ulteriore livello di tensione drammatica. Questa svolta narrativa è un punto di notevole considerazione, poiché il romanzo ha attirato critiche per la sua dipendenza da quello che alcuni recensori hanno definito un cliché trito e ritrito del «romanticismo contro il cancro». La scelta di Iain Morris, un regista noto soprattutto per la serie comica britannica The Inbetweeners, sembra essere una scelta strategica deliberata per affrontare questo aspetto. La sua esperienza suggerisce un tentativo di infondere alla storia una complessità tonale, bilanciando la gravità intrinseca del soggetto con un umorismo basato sull’osservazione. Morris stesso ha dichiarato di sperare che il film permetta al pubblico di «attraversare tutte le emozioni associate all’esperienza meravigliosa, rumorosa, caotica, inaspettata, divertente e straziante dell’innamoramento».

Il mio anno a Oxford - Netflix
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Incarnare la dicotomia: personaggio e interpretazione

Il film è imperniato sull’interpretazione di Sofia Carson nel ruolo di Anna De La Vega. Una significativa scelta di adattamento è stata quella di cambiare il nome della protagonista del romanzo, Ella Durran, e di definire il personaggio come ispanico, una mossa che si allinea con le origini della stessa Carson e aggiunge un ponderato tocco di rappresentazione. Ciò introduce una matrice più complessa di dinamiche sociali alla narrazione dell’«americana a Oxford», aggiungendo un potenziale strato di sottotesto all’ambizione di Anna. Per catturare un autentico senso di meraviglia e spaesamento, Carson ha volutamente evitato di visitare i luoghi delle riprese fino all’inizio delle riprese, con l’obiettivo di «vivere Oxford veramente come l’avrebbe vissuta Anna». Di fronte a lei, Corey Mylchreest, noto per il suo ruolo di figura romantica tormentata in La regina Carlotta: Una storia di Bridgerton, interpreta Jamie Davenport. La narrazione si basa sulla chimica tra questi due protagonisti. Il regista Iain Morris ha osservato che «hanno legato fin dal primo momento in cui hanno lavorato insieme», godendosi la sfida di farsi «ridere – e forse piangere?». Questa dinamica è cruciale per una relazione che deve apparire sia intellettualmente vibrante che emotivamente profonda. Il cast di supporto, che include attori veterani come Dougray Scott e Catherine McCormack nei panni dei genitori di Jamie, William e Antonia Davenport, e Harry Trevaldwyn come l’amico di Anna, Charlie Butler, serve a costruire il mondo sociale del film e a fornire un contesto al percorso della coppia centrale.

La grammatica del cinema: creare il mondo di Oxford

Le ambizioni estetiche del film sono segnalate dal suo team creativo di alto calibro, suggerendo uno sforzo consapevole per elevare il materiale oltre le convenzioni del romance da streaming. Il linguaggio visivo è plasmato dal direttore della fotografia candidato all’Oscar Remi Adefarasin (Elizabeth, Io prima di te). La sua filosofia di «realismo accentuato» è evidente nell’aspetto del film, girato con telecamere ARRI Alexa e obiettivi Cooke S4 per catturare l’atmosfera sacra dei college di Oxford — tra cui Magdalen, St Hugh’s e Hertford — senza ricorrere a un filtro desaturato o eccessivamente patinato. Adefarasin impiega un approccio cinematografico classico, privilegiando movimenti di dolly deliberati rispetto a riprese a mano agitate e utilizzando uno schema di illuminazione naturalistico che evita una forte saturazione o ombre multiple. Questo ancora le grandi emozioni della storia in un mondo tangibile e credibile. La costruzione del mondo è ulteriormente definita dalla scenografia di Catrin Meredydd, i cui crediti includono gli ambienti strutturati e psicologicamente acuti di Broadchurch e Black Mirror: Bandersnatch. Il suo lavoro qui contrasta le antiche aule dell’università con la vitalità della vita studentesca moderna, usando gli spazi fisici per riflettere le tensioni tematiche del film. La scelta creativa più anticonvenzionale è la selezione di Isabella Summers per comporre la colonna sonora. Meglio conosciuta come una delle principali artefici del suono dei Florence and the Machine, Summers porta una sensibilità eclettica e sperimentale affinata su drammi complessi come Tanti piccoli fuochi e L’amante di Lady Chatterley. Attingendo da influenze variegate come l’hip-hop, RZA e le colonne sonore classiche di James Bond, il suo stile compositivo inizia spesso con campionamenti e un’attenzione al «battito cardiaco di una canzone», suggerendo un paesaggio sonoro lontano da una colonna sonora romantica convenzionale. La sua partitura funziona probabilmente come un contrappunto emotivo, introducendo uno strato moderno, forse malinconico e spigoloso, che completa la sofisticata estetica visiva del film.

Analisi conclusiva

In definitiva, Il mio anno a Oxford si presenta come un esercizio di elevazione del genere. Prende la struttura familiare di un dramma romantico e la investe di una gravitas artistica attraverso una regia sofisticata e una maestria cinematografica superiore. L’assemblaggio di una troupe tecnica di prestigio — dalla cinematografia classica di Adefarasin alla colonna sonora sperimentale di Summers — e un approccio registico sfumato mirano ad approfondire la risonanza emotiva di una storia costruita su un tropo narrativo consolidato. Il successo del film dipenderà dalla sua capacità di armonizzare questi elementi, determinando se la sua superficie levigata e atmosferica arricchisca con successo il suo nucleo convenzionale o crei una dissonanza irrisolta. Si pone come un’opera notevole nella strategia di contenuti in evoluzione del suo distributore, indicando un crescente investimento in un cinema di genere artisticamente più ambizioso. La narrazione, nella sua esplorazione della brevità della vita e delle scelte che la definiscono, riecheggia in definitiva un sentimento espresso dalla sua attrice protagonista: che il film «in ogni fotogramma riafferma la convinzione che la vita è troppo breve per non viverla nell’amore. Per non viverla nella gioia».

Il mio anno a Oxford è stato presentato in anteprima su Netflix il 1° agosto 2025.

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