Abbiamo sentito parlare della Guerra del Vietnam in migliaia di film e libri; è una guerra impressa nell’inconscio collettivo, eppure, molto rimane ancora avvolto nel mistero. “Turning Point: la guerra in Vietnam” è una docuserie in cinque parti, ognuna della durata di un’ora, che analizza meticolosamente le cause di quella guerra e le sue conseguenze sull’inconscio collettivo del popolo americano.
“Turning Point: la guerra in Vietnam” esamina storicamente perché gli Stati Uniti intervennero nel conflitto e come questo intervento abbia causato una crisi di fiducia tra i cittadini americani e il loro governo, creando una frattura insanabile.
La Guerra del Vietnam rimane impressa nella memoria globale come uno dei conflitti più “determinanti e divisivi” della storia moderna. Il suo profondo impatto si è riverberato attraverso i continenti, rimodellando l’identità degli Stati Uniti, minando la fiducia nelle sue istituzioni, esponendo profonde fratture sociali e alterando il corso di innumerevoli vite. Mentre il mondo commemora il 50° anniversario della Caduta di Saigon nell’aprile 2025, un momento che inevitabilmente incita alla riflessione sul complesso e spesso doloroso lascito della guerra, Netflix presenta una nuova e importante serie documentaristica pronta a riesaminare questo capitolo critico.
Questa docuserie in cinque parti, diretta dall’acclamato regista Brian Knappenberger e prodotta da Luminant Media, mira a narrare la traiettoria della guerra, dagli oscuri eventi dell’incidente del Golfo del Tonchino, che precipitarono un’importante escalation americana, fino agli ultimi e caotici giorni del crollo di Saigon.
La coerenza produttiva, che coinvolge Luminant Media e spesso il regista Brian Knappenberger, in tutta la serie “Turning Point”, indica un approccio deliberato da parte di Netflix. Questa strategia sembra mirare a stabilire un marchio riconoscibile e affidabile per documentari storici di alto calibro che esplorano eventi globali cruciali. L’inclusione specifica di Đoan Hoàng Curtis, una cineasta con profondi legami personali con la Guerra del Vietnam, come Produttrice della Serie per questa specifica stagione, suggerisce uno sforzo mirato per apportare prospettive sfumate a questo particolare conflitto.

Un altro ‘Punto di Svolta’ determinante in un franchise emblematico
“Turning Point: la guerra in Vietnam” arriva con notevole attesa, basandosi sul successo delle sue predecessore, “Turning Point: L’11 settembre e la guerra al terrorismo” e “Turning Point: La bomba e la Guerra Fredda”. Queste serie precedenti hanno ottenuto un pubblico significativo e attenzione critica, stabilendo la reputazione del franchise per l’approccio a eventi complessi che hanno alterato il mondo con profondità e una forza narrativa avvincente.
Il tempismo di questa uscita è particolarmente potente. Debuttando precisamente 50 anni dopo la Caduta di Saigon il 30 aprile 1975, la serie si posiziona non semplicemente come una retrospettiva storica, ma come un’esplorazione tempestiva rilevante per le preoccupazioni contemporanee. Le descrizioni enfatizzano il suo focus sulle “ferite irrisolte, lezioni non apprese e conseguenze durature” della guerra che “continuano a plasmare il mondo di oggi”. Questo inquadramento collega gli eventi della metà del XX secolo a problemi persistenti del XXI secolo, come le profonde divisioni sociali e l’erosione della fiducia pubblica nel governo, temi ripetutamente evidenziati come centrali nel lascito della Guerra del Vietnam.
Netflix e Luminant Media sembrano sfruttare un momento di maggiore interesse pubblico e riflessione storica per massimizzare l’impatto e l’audience della serie. Posiziona il marchio “Turning Point” come fornitore di saggistica seria e stimolante, tracciando linee esplicite tra momenti storici cruciali e l’attualità.
Portata, fonti e temi determinanti
Coprendo quasi due decenni e attraversando tre amministrazioni presidenziali statunitensi (Johnson, Nixon e implicitamente Ford), la serie offre una panoramica storica completa. La narrazione si estende dalle radici del significativo coinvolgimento americano, contestualizzato dalle conseguenze della sconfitta coloniale francese a Dien Bien Phu e dalla successiva divisione del Vietnam, attraverso punti di svolta cruciali. Questi includono il controverso incidente del Golfo del Tonchino nell’agosto 1964, che fornì la giustificazione per intensificare l’azione militare statunitense; la massiccia Offensiva del Tet del 1968, che scioccò l’opinione pubblica americana e cambiò la percezione della guerra; il Massacro di My Lai, che espose una brutalità orribile; le lunghe negoziazioni degli Accordi di Pace di Parigi; il ritiro delle truppe da combattimento statunitensi nel 1973; e la drammatica caduta finale di Saigon nel 1975.
La serie vanta un “accesso senza precedenti” agli archivi di CBS News, facilitato tramite See It Now Studios, offrendo prospettive immersive e contemporanee su come la guerra fu riportata e percepita in tempo reale. Crucialmente, l’inclusione di “rare immagini vietnamite” segnala uno sforzo per incorporare registrazioni visive non statunitensi, andando oltre un punto di vista esclusivamente incentrato sugli Stati Uniti. I documenti governativi declassificati suggeriscono esplorazioni dei processi decisionali ufficiali e di storie potenzialmente nascoste.
Il regista Brian Knappenberger ha evidenziato l’uso di registrazioni dei presidenti Johnson e Nixon, ottenute con l’aiuto del programma di registrazioni presidenziali del Miller Center. Questi nastri sono presentati come rivelatori di un “marcato contrasto” e “disconnessione” tra le dichiarazioni pubbliche dei leader e le loro valutazioni private, in particolare la loro comprensione, nascosta al pubblico, che la guerra fosse potenzialmente una “causa persa” che non potevano vincere ma che non avrebbero ammesso. L’implicazione è chiara: l’erosione della fiducia pubblica, una caratteristica distintiva delle conseguenze della guerra, fu guidata significativamente dall’inganno deliberato proveniente dai massimi livelli, spesso spinto dalla politica elettorale interna.
È inquadrata come una fondamentale “resa dei conti politica e culturale” che ha rimodellato irrevocabilmente gli Stati Uniti. La narrazione intende esplorare il profondo impatto della guerra sull’identità americana, il suo ruolo nell’esporre ed esacerbare le divisioni all’interno della società e il suo contributo a un cinismo duraturo verso la leadership politica. I commenti del trailer parlano del fatto che gli Stati Uniti abbiano perso la loro “bussola morale” durante il conflitto.
Inoltre, la serie mira esplicitamente ad amplificare “prospettive spesso trascurate”. La serie va oltre le storie militari e politiche tradizionali per includere voci meno ascoltate comunemente, abbracciando diverse esperienze vietnamite e punti di vista critici di coloro che hanno servito, come i veterani che in seguito sono diventati attivisti contro la guerra. L’attenzione si estende al profondo costo umano, che ha colpito “innumerevoli persone”, e approfondisce le “ferite irrisolte” lasciate dal conflitto. Le descrizioni promettono “immagini d’archivio inquietanti” e “interviste crude”, sottolineando un’esplorazione del profondo costo emotivo e psicologico della guerra.
Giustapponendo fonti di alto livello come nastri della Casa Bianca e documenti ufficiali con prospettive dal basso provenienti da filmati d’archivio e interviste personali, la serie sembra pronta a creare una potente tensione narrativa. Questo contrasto tra i calcoli strategici e gli inganni dei decisori politici e le brutali realtà e dilemmi morali affrontati da soldati e civili probabilmente servirà a rafforzare il tema centrale di una profonda resa dei conti politica e culturale.
Creatori, voci e prospettive
Brian Knappenberger ricopre il ruolo di regista e produttore esecutivo, continuando il suo ruolo di architetto chiave del franchise “Turning Point”. Noto per opere come “The Internet’s Own Boy: The Story of Aaron Swartz”, Knappenberger ha dimostrato interesse nell’affrontare temi complessi con risonanza contemporanea. Il suo approccio nelle precedenti stagioni di “Turning Point” ha incluso obiettivi come contrastare la disinformazione storica che circonda la Guerra Fredda ed esplorare le riverberazioni geopolitiche a lungo termine degli attacchi dell’11 settembre. Il suo approccio dichiarato per la serie sul Vietnam, incentrato sulla disconnessione tra le dichiarazioni presidenziali e le convinzioni private, e la conseguente erosione della fiducia, si allinea a questo schema di collegamento tra l’analisi storica e problemi sociali duraturi.
Un’aggiunta significativa al team creativo per questa serie specifica è la Produttrice della Serie Đoan Hoàng Curtis. Curtis è una cineasta vietnamita-americana, storica orale e, in particolare, una sopravvissuta alla guerra che fu evacuata per via aerea da Saigon con la sua famiglia durante gli ultimi caotici momenti della fine della guerra. Il suo acclamato documentario personale, “Oh, Saigon: A War in the Family”, ha esplorato le profonde divisioni che il conflitto ha creato all’interno della sua stessa famiglia, dove i parenti hanno combattuto su fronti opposti. La partecipazione di Curtis conferisce una credibilità sostanziale all’obiettivo dichiarato della serie di amplificare “prospettive trascurate”. La sua presenza suggerisce uno sforzo deliberato per incorporare una comprensione più sfumata dell’esperienza vietnamita, affrontando potenzialmente le critiche rivolte ai documentari passati per essere eccessivamente incentrati sugli Stati Uniti. La sua esperienza come storica orale può anche plasmare la gestione della testimonianza personale da parte della serie, aggiungendo strati di profondità ed empatia.
La serie presenta anche interviste con veterani americani le cui traiettorie di vita sono state profondamente alterate dalla guerra, evidenziando il tema della trasformazione personale in mezzo allo sconvolgimento nazionale. Tra quelli presentati ci sono:
- Scott Camil: Un marine che, rendendosi conto della portata dell’inganno governativo, divenne un prominente attivista contro la guerra e leader dei Veterani per la Pace.
- Scott Shimabukuro: Un marine giapponese-americano che affrontò il razzismo all’interno dell’esercito, testimoniò sui crimini di guerra durante l’Inchiesta del Soldato d’Inverno e co-fondò un programma di supporto per veterani asiatico-americani.
- Jan Barry Crumb: Inizialmente attratto dall’esercito in cerca di avventura, rimase disilluso, si dimise da West Point, co-fondò i Veterani del Vietnam Contro la Guerra (VVAW) e intraprese una carriera come scrittore incentrato sulla guerra e la pace.
- Everett Alvarez Jr.: Il primo pilota americano abbattuto sul Vietnam del Nord, che sopportò oltre otto anni come prigioniero di guerra prima di tornare a una distinta carriera nel servizio pubblico e negli affari.
Questi veterani sono presentati non semplicemente come testimoni del combattimento, ma come individui che hanno vissuto profonde rese dei conti personali. Le loro storie – che coinvolgono disillusione, attivismo nato dal tradimento, sopravvivenza contro immense probabilità e confronto con il razzismo – servono come potenti ancore umane per i temi più ampi della serie. Concentrandosi su veterani che hanno messo attivamente in discussione la guerra e le sue giustificazioni, la serie probabilmente va oltre le narrazioni semplicistiche di eroismo per esplorare le complesse conseguenze morali, psicologiche e politiche del conflitto, rafforzando l’idea di una profonda frattura sociale e della distruzione della fiducia.
La nostra opinione
Cinque ore possono sembrare tante da passare davanti alla televisione, ma in questa occasione ne vale la pena. Analizza i perché e le cause dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, la situazione precedente del Vietnam diviso e gli eventi che portarono il caos a Saigon. Lo spiega in modo diretto e veritiero, senza tralasciare nulla, senza dimenticare niente.
Poi si addentra nella guerra, nel malcontento pubblico e nel tema centrale del documentario: la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni pubbliche.
Un’analisi ricca, rigorosa e che, senza dubbio, merita di essere vista.
Dove vedere “Turning Point: la guerra in Vietnam”