“Il caso Isabella Nardoni” è un documentario diretto da Micael Langer e Cláudio Manoel.
Una notte, una bambina è stata gettata dal sesto piano a San Paolo. Quella stessa notte, decine di giornalisti si sono presentati e la notizia è esplosa: omicidio o incidente? L’agitazione mediatica era comprensibile, perché in città c’era una vera e propria ondata di incidenti con bambini che (presumibilmente) cadevano dagli edifici.
La polizia è intervenuta. I genitori della bambina erano divorziati e la bambina era con suo padre. I sospetti sono ricaduti sul portiere dell’edificio, ma la madre della bambina ha iniziato a investigare da sola quando ha scoperto del sangue sul pavimento. Era il sangue della bambina?
Vi piacciono i true crime? Netflix ci porta un altro perfetto esempio, con riflessioni e ironia incluse: perché tanto interesse per questi crimini reali da parte della stampa?
Riguardo al documentario
Seguendo esemplarmente la formula predefinita, “Il caso Isabella Nardoni” ci porta nel mondo malato dell’infanticidio in un documentario che sottolinea gli aspetti più oscuri e morbosi del crimine che, inoltre, è diventato un fenomeno mediatico in Brasile.
Una notizia porta all’altra e se la notizia suscita interesse, presto diventerà un fenomeno. È successo per la prima volta con Jack lo Squartatore.
Un documentario che nasce con la lezione ben imparata: non svelare il colpevole fin dall’inizio, creare suspense e utilizzare tutti i trucchi a disposizione. Come se fosse un film thriller, “Il caso Isabella Nardoni” sa giocare con lo spettatore e proporre un nuovo colpevole con ogni indizio, lasciare la suspense nell’aria fino alla fine, abilmente combinare i frammenti di un crimine che si ricostruisce e si crea di nuovo agli occhi dello spettatore.
La nostra opinione
Come documentario “true crime”, sa portare “il suo gioco” alla perfezione, proprio come i giornalisti che hanno coperto il caso hanno saputo narrare le evoluzioni del caso man mano che le notizie venivano svelate come un romanzo a puntate.
Il caso
L’omicidio di Isabella de Oliveira Nardoni rimane uno dei casi più noti di infanticidio in Brasile. Tragicamente, la sera del 29 marzo 2008, Isabella, di cinque anni, ha riportato ferite mortali dopo essere stata gettata con la forza dal sesto piano dell’edificio residenziale in cui risiedeva con il padre, Alexandre Alves Nardoni, la matrigna Anna Carolina Jatobá e i fratelli appena nati, nel nord di San Paolo. Le indagini successive hanno rivelato che la bambina era stata sottoposta a maltrattamenti fisici da parte di chi si prendeva cura di lei, portando alla condanna di entrambi gli individui per omicidio intenzionale.
Per tutta la durata di questo angosciante caso, i media brasiliani hanno seguito da vicino gli sviluppi e fornito aggiornamenti costanti. Infatti, da un sondaggio condotto è emerso che uno schiacciante 98% dei brasiliani conosce la tragica morte di Isabella, segnando la percentuale più alta mai registrata nella storia della ricerca sulla copertura mediatica in Brasile.